Calunnia Capitale: come è franata l’inchiesta voluta dai grillin-comunisti

mafia capitale

Mafia Capitale? Ce la ricordiamo tutti l’inchiesta e soprattutto il clamore mediatico intorno a quella storia. Ora che tutto si è sgonfiato, e ridotto alle sue vere proporzioni, più che Mafia Capitale ci sembra Calunnia Capitale contro una città intera. Lo scrive Mattia Feltri furibondo per la diffamazione contro Roma. Il direttore dell’Huffington Post commenta le motivazioni della sentenza depositata dalla Cassazione. Dalle quali emerge che la mafia a Roma c’è, ma certamente non lì. Scrive Feltri a un certo punto: “Sono via via usciti dal processo, perlomeno per le mirabolanti implicazioni mafiose, l’ex sindaco Gianni Alemanno, gli assessori, gli uomini della Regione e, i pochi rimasti a risponderne, hanno risposto di faccende di corruzione che no, non è una bella cosa, ma non è mafia.

Nella Capitale corruzione, non mafia

Se fosse stato per corruzione non uno di quei corrispondenti di testate mondiali avrebbe piantato le tende all’alba davanti all’aula del processo per guadagnarsi la prima fila. E, infine, per certi cocciuti del bla bla e dello gne gne, alla Matteo Orfini o alla Virginia Raggi, e cioè del sì però la mafia a Roma c’è – bella scoperta, no? – è vero, la mafia a Roma c’è, come c’è a Palermo, a Milano, a Londra, a New York, ma non accoglieva i suoi mammasantissima nelle stanze dell’amministrazione comunale, e fino in quella del sindaco. Eccola la madornale differenza che ha prodotto la madornale calunnia”.

Buzzi: sconfitto l’impianto accusatorio

Tra i primi commenti quello di uno dei principali imputati: “Io mi sono trovato invischiato in questa storia, con una carcerazione preventiva enorme, in alta sicurezza, lontano da casa e dalla mia famiglia. Le mie cooperative, floride al momento del sequestro, ora sono tutte fallite. Parliamo di corruzioni bagatellari, l’associazione mafiosa è venuta meno, e non c’è nessun episodio di intimidazione e violenza”. Queste le parole all’Adnkronos di Salvatore Buzzi, uno dei protagonisti dell’inchiesta Mafia Capitale, tramite i suoi avvocati Alessandro Diddi e Piergerardo Santoro, dopo le motivazioni depositate dai giudici della Cassazione che con la sentenza pronunciata il 22 ottobre scorso non hanno riconosciuto il 416bis.

Su Mafia Capitale la corte di Appello sbagliò

”E Massimo Carminati non ha contribuito in nessun modo all’aumento del fatturato delle cooperative. Parliamo di 70mila euro di corruzioni accertate su un fatturato complessivo di 180 milioni in tre anni. Di cosa stiamo parlando? Quello che emerge – prosegue Buzzi – è che la sentenza di Appello si poggiava sulla Cassazione cautelare che si era espressa nell’aprile del 2015, prima che parlassero più di 320 testimoni, tra i quali alcuni autorevoli che avevano escluso la mafia”. ”Un’inchiesta mediatico-giudiziaria che si chiude con una sconfitta dell’impianto accusatorio. La mafia non c’è e, di 46 arrestati, 14 sono stati assolti. Ora – dice – mi aspetto una pena equilibrata”.

Conclude la Cassazione: “La valutazione operata dalla Corte di Appello si rivela gravemente erronea”. E’ quanto si legge nelle motivazioni della Sesta sezione penale della Cassazione sul processo Mafia Capitale che non ha riconosciuto il 416 bis, ovvero l’accusa di associazione mafiosa, che era stata invece riconosciuta in secondo grado.