Di Maio, per Roma serve una ‘grande coalizione’. E così scarica Raggi e Calenda

Per vincere a Roma serve una grande coalizione. Altrimenti è tutto più difficile.  Questi i concetti espressi dal ministro degli Esteri ed ex vicepremier pentastellato Luigi Di Maio. In occasione della festa de Il Foglio, alla quale era stato invitato. Il progetto di una coalizione ampia non dovrebbe valere solo a Roma, ha proseguito l’ex capo politico del Movimento. Ma anche nelle altre città italiane dove si vota nel 2021. Torino, Milano, Napoli e Bologna. E ancora, apriamo il dibattito sui temi e i programmi. Poi arriviamo ai candidati. Parole che subito qualcuno ha bollato come ‘democristiane’. Perché spesso il richiamo alle linee programmatiche è un modo per prendere tempo. Quando non si ha il nome pronto, e si vuole comunque fare qualcosa. In questo caso però sembra esserci anche dell’altro. Perché proprio pensando a Roma, è evidente che il candidato sindaco di una coalizione rosso gialla non potrebbe essere la Raggi. Sulla quale pesano il veto dei dem e le ripetute bocciature di Zingaretti. Anche se lo stesso Di Maio si è affrettato a spendere parole dolci sulla sindaca. Io non voto a Roma, ha dichiarato il ministro grillino. Ma altrimenti, Virginia avrebbe il mio consenso. Ha governato bene, affrontando anche situazione difficili. Ma il tutto suona più come una cortesia istituzionale che come un convinto appoggio. Come dire, parlo con gentilezza ma adesso fatti da parte.

La grande coalizione richiesta da Di Maio per Roma metterebbe fuori gioco la Raggi, ma anche il leader di Azione Calenda

Con un sol colpo, Di Maio rischia di prendere due piccioni. La sua richiesta di una coalizione allargata rosso gialla per Roma infatti mette automaticamente fuori gioco la Raggi. E fa esultare i ‘ribelli’ in Campidoglio, a cominciare dal presidente della commissione mobilità Stefano. Che ha sempre chiesto programmi e primarie, prima dei nomi. Ma l’assist è molto gradito anche al PD. Che si trova a gestire la ‘grana’ Calenda. E che dopo il gran rifiuto di Sassoli il nome proprio non ce l’ha. A meno di non ricorrere a quella classe dirigente locale che negli ultimi anni non ha dato una grande prova di se’. Perché è chiaro che per stringere un accordo con il M5S, il nome di Carlo Calenda è improponibile. Così il doppio veto è già pronto. Senza la Raggi e Calenda in mezzo, il matrimonio si può fare. Altrimenti ognuno per conto suo, con il rischio di una sconfitta clamorosa. E se la sindaca si è trincerata dietro all’emergenza (non commento, ci sono tante cose da fare e il virus che impazza), il leader di Azione è stato molto più esplicito. E ha twittato, rivolto ai suoi ex compagni del PD, vi prego su Roma fate almeno chiarezza.

Se Sparta piange, Atene non ride. Per il centrodestra adesso è ora di decidere

Se a sinistra e nella galassia pentastellata sono in alto mare per la scelta del nuovo sindaco di Roma, il centrodestra è ancora alle prese con le grandi manovre. E dalle notizie che filtrano da palazzo, i leader della coalizione ‘sovranista’ hanno ancora idee abbastanza diverse. Su quella che potrebbe essere la figura più adatta per vincere. Salvini infatti rimarrebbe convinto della necessità di puntare su un civico, un imprenditore o un alto funzionario dello Stato. E assicura che ci sarebbero già importanti nomi disponibili. Giorgia Meloni però sembrerebbe preferire di più un profilo politico, mentre Berlusconi e Tajani hanno riproposto il vecchio pupillo Bertolaso. Anche qui, l’accordo sembra ancora abbastanza lontano. Ma il tempo stringe, e  una soluzione va trovata a breve. Per evitare di farsi cogliere impreparati. Mentre nella Capitale la rabbia e la voglia di cambiamento crescono ogni giorno di più.
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