Gaia e Camilla, la Bongiorno contro Pietro Genovese. La sua auto una pallottola impazzita

Venerdì scorso è stata la volta dell’accusa. Nel processo contro Pietro Genovese, il foglio 22 enne del noto regista che la sera del 22:dicembre del 2019 ha travolto Gaia e Camilla con la sua auto. Stroncando sul colpo la vita delle due ragazze. Un episodio di cronaca che ha suscitato grande emozione, e che non ha lasciato nessuno indifferente. Con la scia di dolore e di accuse che si sono succedute dopo il tragico evento. Per il quale lo stesso autore del duplice omicidio stradale è già stato condannato a cinque anni con il rito abbreviato. Adesso in sede di dibattimento, è stata la volta dell’accusa. Con l’avvocato Piraino che difende la famiglia di Camilla Romagnoli. E la Bongiorno che assiste il papà di Gaia.

In quest’ultima udienza Pietro Genovese era assente, e non ha potuto ascoltare direttamente le oltre tre ore di dibattimento. Durante le quali è stata messa in dubbio la sua ricostruzione dei fatti. Le sue affermazioni sono disseminate di sette bugie, è stato l’affondo della Bongiorno. Che ha contestato tutta la ricostruzione dei fatti operata dalla difesa del ragazzo.

La Bongiorno, la targa della macchina di Pietro Genovese era sulle strisce. E lui non si sarebbe fermato subito

La vettura condotta da Pietro Genovese quella maledetta sera a Corso Francia sfrecciava a 90 chilometri orari. Questa la tesi degli avvocati che stanno difendendo le famiglie di Gaia e Camilla. Che non potranno più riabbracciare le loro ragazze. Ma che almeno chiedono giustizia. E le perizie di parte dimostrerebbero anche altro. Perché la targa della macchina sarebbe stata ritrovata proprio sulle strisce. Questo dimostra che l’impatto è avvenuto in quel punto, ha attaccato ancora la Bongiorno. Mentre Genovese si sarebbe fermato più avanti, sotto al cavalcavia. Ma oltre alla velocità elevata e al fatto che le ragazze avrebbero attraversato dove consentito, gli avvocati hanno prodotto altre prove. Tra le quali le risultanze del telefonino dell’imputato. Con foto di pasticche  e altre droghe, che certo non depongono a favore del ragazzo.

Foto di pasticche e cocaina nel cellulare dell’imputato. La denuncia dell’avvocato Piraino che difende la famiglia Romagnoli

Non solo una velocità troppo elevata. Ma anche delle foto nel cellulare di Pietro Genovese dimostrerebbero che il pentimento del ragazzo non è credibile. Così si è espresso l’avvocato Piraino, che difende la famiglia di Camilla. Perché la perizia di parte avrebbe trovato foto inquietanti nello smartphone del ragazzo. Nelle quali si mostravano pasticche e cocaina. E addirittura in una, l’imputato mentre fumava una canna. Adesso ovviamente la parola andrà di nuovo alla difesa, condotta dagli avvocati Franco Coppi e Gianluca Tognozzi. Che porteranno certamente davanti al GUP le loro tesi contrarie. Quello che conta davvero, è che si arrivi al più presto alla piena verità sull’accaduto. Perché almeno questo, Gaia Camilla e le loro famiglie distrutte se lo meritano.

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