La Polizia Penitenziaria sul piede di guerra contro la riforma Cartabia: ascoltate chi il carcere lo vive h24…

corpo polizia penitenziaria (2)

La Polizia penitenziaria sul piede di guerra. “Prendiamo atto delle parole del ministro della Giustizia, Marta Cartabia, che ha inteso concentrare la priorità di gennaio sulla riforma penitenziaria. Vorremmo dire alla Guardasigilli di ascoltare anche i tecnici che il carcere lo vivono in prima persona h24, come gli appartenenti alla Polizia Penitenziaria. E non solo i teorici che lo vivono al mattino”. Lo dichiarano Donato Capece, segretario generale del Sappe, e Daniela Caputo, Segretario nazionale dell’Associazione Dirigenti e Funzionari di Polizia Penitenziaria. I quali sull’elaborato finale della Commissione per l’innovazione del sistema penitenziario presieduta da Marco Ruotolo esprimono diverse censure.

I sindacati della Polizia penitenziaria: due articoli totalmente irricevibili

“Sull’intero testo della Commissione – spiegano – ci sarebbero varie osservazioni da fare, ma due articoli in particolare sono assolutamente irricevibili. Innanzitutto la modifica dell’articolo 2 è inaccettabile per la volontà espressa al comma 1. Ossia di conferire al direttore il potere assoluto di disporre della Forza Pubblica eventualmente messa a disposizione dal Prefetto, scavalcando addirittura il Questore. Tentativo diretto a superare la circolare Gabrielli che attualmente regola la materia. E successivamente al comma 2, relativa all’uso della forza, dove prima si dice che non è consentito e poi lo si reintroduce con le limitazioni dell’art. 41 Op. Appare chiaramente una norma ideologicamente orientata a far spiccare in automatico avvisi di garanzia e invertire l’onere della prova, lasciando al poliziotto il ruolo del capro espiatorio”.

Non addossare alla Polizia i compiti specificamente politici

Ma per i due sindacalisti “è inaccettabile la modifica all’articolo 5 del regolamento di servizio e di conseguenza ai compiti istituzionali del Corpo di Polizia Penitenziaria. “Ci chiedono di mediare, cosa che per altro già i poliziotti fanno abitualmente. Ma cosa media la polizia se, per legge, è l’unico soggetto che può usare la forza e deve denunciare? Ancora una volta si vogliono confondere i ruoli. La mediazione penale, come quella civile, compete a soggetti terzi… La Polizia ha uno suo mandato istituzionale specifico. Non si comprende inoltre come un Corpo di Polizia dovrebbe prevenire i reati “individuando gli ostacoli di ordine personale e sociale che si frappongono al reinserimento sociale”. Ma non è compito della Parte Politica?”.

No alla “vigilnaza dinamica” e al “regime aperto”

I sindacalisti evidenziano infine come “il numero crescente di eventi critici in carcere, spesso in danno dei poliziotti penitenziari, si sono concretizzati quando sempre più carceri hanno introdotto due novità. La vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, ossia con i detenuti più ore al giorno liberi di girare per le Sezioni detentive con controlli sporadici e occasionali della Polizia Penitenziaria. Da tempo denunciamo che la sicurezza interna delle carceri è stata annientata da provvedimenti scellerati come la vigilanza dinamica e il regime aperto. Poi l’aver tolto le sentinelle della Polizia Penitenziaria di sorveglianza dalle mura di cinta delle carceri, l’inadeguatezza della formazione dei poliziotti penitenziari, la mancanza in organico. E il mancato finanziamento per i servizi anti intrusione e anti scavalcamento.

“Pronti a scendere in piazza sotto le finestre del ministro”

Tutti aspetti, questi, che la Commissione ministeriale presieduta dal professore Ruotolo colpevolmente trascura”. Proprio nei giorni scorsi, il Sappe aveva preannunciato la mobilitazione degli Agenti, dei Sovrintendenti, degli Ispettori del Corpo di Polizia Penitenziaria. Quelli che aderiscono al Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, al Coordinamento Funzionari e Dirigenti del Sappe e all’Associazione Nazionale Dirigenti e Funzionari di Polizia Penitenziaria. Preannunciando una manifestazione nazionale a Roma, a gennaio, sotto l’ufficio del ministro della Giustizia Marta Cartabia, per denunciare la grave situazione delle carceri e le endemiche criticità del Corpo.