Peste suina, il governo apre all’abbattimento dei cinghiali

Dopo l’ordinanza firmata ieri dal presidente della Regione Lazio Zingaretti, che dispone alcuni obblighi per prevenire il diffondersi della peste suina, è intervenuto sul tema anche il governo. Per bocca del sottosegretario alla salute Dario Costa, ospite della trasmissione televisiva ‘Mi manda RaiTre’. E parlando della nuova emergenza, l’esponente dell’esecutivo non ha escluso il ricorso agli abbattimenti dei cinghiali. Tema spinoso, sul quale gli animalisti hanno alzato subito le barricate. Ma vediamo com’è andata.

Peste suina, a Roma è allarme rosso. E scoppia il problema cinghiali

La peste suina è un’emergenza. E il governo non esclude gli abbattimenti

Costa è stato chiaro: “Rispetto le sensibilità di tutti, animalisti e ambientalisti, ma siamo di fronte a un’emergenza”. Che “deve essere affrontata con strumenti emergenziali”. Ancora. “I cinghiali hanno invaso le nostre città, i nostri parchi, i nostri quartieri. Credo sia il momento opportuno per pensare anche a un piano di selezione e di abbattimento importante, che riduca il numero e la presenza dei cinghiali. Credo che, al di là delle misure protettive, come recinzioni e quant’altro, (…) si possa fare una riflessione per cogliere l’occasione di ridurre sensibilmente la popolazione dei cinghiali”.

Non usa la parola abbattimento, ma appare sulla stessa linea il commissario straordinario per l’emergenza peste suina, Angelo Ferrari. “Dovremmo provvedere a un depopolamento dei cinghiali, mi trovo d’accordo con quanto detto dal sottosegretario alla Salute Costa”. Il virus della Psa, ha sottolineato Ferrari, “è estremamente resistente, rimane per mesi sulle nostre scarpe e lungo i sentieri. Questo però dipende molto dalla temperatura esterna e speriamo che col rialzo delle temperature estive diminuisca la sua capacità virale. Peraltro – ha detto – è un virus che persiste ancora di più negli alimenti a base di suino”.

Il caso di Roma

Ferrari ha quindi spiegato che il caso di Roma “ricade in una zona fortunata. Se rimane tra Grande raccordo anulare (Gra) e il fiume Tevere. Tuttavia ci preoccupa una zona a Nord dell’area interessata che dovrà rimanere chiusa. Le persone non rischiano un contagio diretto ma possono essere vettori della malattia, per questo si chiederà un minimo di prevenzione”. In generale, ha ricordato, “per la Peste suina africana non possiamo contare su un vaccino, mentre sull’influenza aviaria sì. Inoltre la Psa ha un tasso di mortalità sulle specie animali interessate (cinghiali e maiali, ndr.) altissima, per questo ci fa paura”.

La reazione degli animalisti

L’ipotesi mette in allarme tutti gli animalisti. L’Oipa risponde. “I cittadini di Roma non vogliono che sia risolto con il sangue il problema delle incursioni di qualche cinghiale nel centro abitato. Causate dall’emergenza rifiuti, e solo da quella. Ora altro pretesto per invocare il sangue è qualche sparuto caso di peste suina, non trasmissibile all’uomo”.  “La causa principale dell’aumento della presenza dei cinghiali a Roma è l’annosissima emergenza rifiuti, diventata in questi ultimi anni molto grave”, sottolinea Rita Corboli, delegata dell’Oipa di Roma. “I cinghiali sono sempre gli stessi, ma negli ultimi anni sono aumentati i rifiuti e le discariche a cielo aperto. E quindi la disponibilità di cibo nelle vicinanze delle aree verdi dove vivono. Roma è la città più verde d’Europa ricca di fauna selvatica. Che  dovrebbe essere considerata una risorsa da gestire nel rispetto della vita e non un nemico da combattere”.

“Fare di Roma un far west per ammazzare i cinghiali non risolve il problema, semmai il contrario. Studi scientifici affermano che agli abbattimenti segue un moltiplicarsi di cucciolate”, continua Corboli. “A Roma il problema sono i rifiuti, non i cinghiali”.