Acquario di Roma, condanna da 25 milioni per l’ex concessionario: la maxi struttura dell’Eur torna al Campidoglio

L’eterna incompiuta dell’Eur, l’Acquario di Roma, torna sotto il controllo pubblico dopo anni di ritardi, promesse mancate e contenziosi. Il Tribunale ha accolto integralmente la richiesta di risarcimento avanzata da Eur Spa — la società proprietaria dell’area, partecipata al 90% dal Ministero dell’Economia e al 10% dal Comune di Roma — condannando la società concessionaria Mare Nostrum Romae a versare 25 milioni di euro per inadempienze contrattuali.
Una fonte politica qualificata, che ha seguito da vicino l’evoluzione della vicenda, conferma che il progetto è stato abbandonato a se stesso per troppo tempo, fino a trasformarsi in un caso esemplare di fallimento nella gestione di opere pubbliche con partnership private.

Fine della concessione: l’Acquario di Roma torna al Campidoglio
A seguito della sentenza, il consiglio di amministrazione di Eur Spa ha deciso la rescissione definitiva della convenzione firmata nel 2006 con Mare Nostrum, ponendo fine a quasi vent’anni di stallo. L’obiettivo immediato è chiaro: recuperare il controllo dell’area e rimetterla al centro di una strategia di rilancio del quadrante Eur, senza dover affrontare nuovi anni di contenziosi giudiziari.
Eur Spa, in accordo con il Ministero dell’Economia e il Campidoglio, tenterà ora una conciliazione che consenta la chiusura definitiva dei rapporti con il vecchio concessionario. In parallelo, si apre una nuova fase: il sito potrebbe essere riassegnato, ma solo a soggetti con garanzie solide e comprovata esperienza nel settore.
Dal sogno del Sea Life alla crisi irreversibile dell’Acquario di Roma
Il progetto, inizialmente pensato come “Sea Life” — un acquario sotterraneo di 13 mila metri quadrati, con 100 specie marine e un tunnel subacqueo a 360 gradi — era stato presentato come una delle grandi attrazioni turistiche della Capitale. Doveva essere pronto per il Giubileo del 2000, poi per quello del 2025. Ma i lavori non sono mai decollati davvero.
Dai 13 mila metri quadrati di superficie e gli 80 milioni di investimento previsti si è passati a un preventivo da 120 milioni, con finanziamenti promessi e mai erogati, istituti bancari in fuga e soci tecnici internazionali — come la Merlin Entertainment — che si sono ritirati senza lasciare traccia. Intesa Sanpaolo e Unicredit, principali creditori, hanno ormai svalutato il 95% dei prestiti erogati. Il sito web del progetto è irraggiungibile, i canali social fermi al 2016: l’intero complesso è ormai un simbolo del fallimento.
Il ritorno dello Stato e l’incognita sul futuro
La decisione del Tribunale e la rottura con Mare Nostrum rappresentano un punto di svolta. Con la struttura rientrata nelle mani pubbliche, si riapre il dibattito politico sul destino dell’area. Una delle ipotesi sul tavolo — secondo la fonte — è quella di coinvolgere Costa Edutainment, la società che gestisce l’Acquario di Genova, per dare nuova linfa al progetto.
Ma le condizioni sono chiare: niente proroghe automatiche e nessuna avventura senza solide basi finanziarie e gestionali. L’idea, fanno sapere ambienti vicini al dossier, è quella di trasformare il naufragio di “Sea Life” in un’opportunità concreta per rilanciare il turismo, la cultura scientifica e l’immagine stessa dell’Eur, quartiere simbolo del razionalismo architettonico romano ma troppo spesso dimenticato dalle grandi strategie urbanistiche della Capitale.
Una lezione per il futuro dall’Acquario di Roma
La vicenda dell’Acquario dell’Eur è molto più di un contenzioso economico: è lo specchio di una gestione approssimativa dei rapporti tra pubblico e privato in grandi opere urbanistiche. Una ferita aperta nel cuore della città, che ora si tenta di rimarginare riportando sotto l’egida statale un progetto che avrebbe potuto — e dovuto — rappresentare un vanto per Roma.
Il tempo delle promesse è finito. Tocca ora al Ministero e al Comune scrivere una nuova pagina, questa volta concreta e realizzabile, per restituire all’Eur uno spazio da vivere e non più da rimpiangere.