Al referendum no. E con le regionali doppio schiaffone

No referendum

Uno potrebbe tacere, evitare di esporsi al nemico, ma sarebbe un errore e per questo il mio “no” al referendum lo dichiaro prima di andare a votare.

Confesso il tormento, perché le stesse ragioni del sì ci stanno tutte. In fondo, tutti diciamo da decenni che i parlamentari sono troppi e zac, ci sarebbe ora a portata di mano il taglio dei mille.

Referendum, il no è di contesto

Eppure, durante la campagna elettorale qualcosa è successo. Non credo che i “no” prevarranno, perché la grancassa mediatica favorisce il fronte avverso. Però non sarebbe un buon motivo per rinunciare ad esprimersi come si pensa sia giusto.

E l’arroganza manifestata dai Cinquestelle nel mettere sotto accusa chiunque dica no ti colpisce nelle viscere; e i tentennamenti di Zingaretti nel suo portare il Pd in braccio a Di Maio sono abbastanza indisponenti.

Certo, Salvini  e Meloni dicono di approvare la riforma. Ma non gliene si può fare una colpa: hanno votato quattro volte in Parlamento la riduzione di deputati e senatori.

Il voto di oggi è più sul contesto politico che sul merito. Perché non c’è altro rispetto alle teste che rotolano. Non cambia nulla sulle modalità di scelta dei parlamentari, non ci faranno esprimere la nostra scelta sui rappresentanti del popolo con le preferenze o i collegi. No, la maggioranza di governo punta al proporzionale con liste bloccate. Il peggio del peggio. Lo abbiamo già vissuto.

Col sì niente preferenze

Il “No” al referendum non ci darà una nuova legge elettorale probabilmente, ma almeno eviterà un ulteriore obbrobrio.

Resta immutata l’opinione che espressi tempo addietro sugli effetti del referendum. Sarà un voto di sentimento, pro o contro i grillini. E nient’altro.

Sullo scenario politico sarà più facile che produrrà effetti il risultato delle regionali. Col 4 a 2 per il centrodestra lorsignori dovranno andarsene. Se si conquista anche la Toscana dicano addio alla politica, quelli là.