All’ospedale di Anzio si inaugura il nulla: la passerella della politica sui reparti fantasma

Ospedale Riuniti Anzio

Mentre i politici si preparano per tagliare nastri e per posare per le foto migliori, la gente di Anzio e Nettuno resta fuori dai reparti dell’Ospedale Riuniti. Niente punto nascitarianimazione inutilizzabilerisonanza promessa e mai arrivata, e migliaia di cittadini in coda per esami che non vedono il giorno. È questa la “sanità” che qualcuno definisce riorganizzazione: una smobilitazione silenziosa che sottrae diritti fondamentali alla popolazione.

La Rete NoBavaglio denuncia quella che considera una messa in scena politico-istituzionale che sarebbe stata programmata per giovedì all’Ospedale di Anzio, dove si annuncia l’inaugurazione di tre reparti, ginecologia, rianimazione e risonanza magnetica, alla presenza del Presidente della Regione Lazio Francesco Rocca e del Direttore Generale dell’ASL Roma 6 Gianni Profico. Una cerimonia che rischia di trasformarsi in un’operazione di pura propaganda, perché i reparti presentati come pronti non sarebbero in condizioni di funzionare realmente.

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Reparti veri o scenografie da inaugurazioni?

La cosiddetta “riapertura” di reparti come ginecologia e rianimazione appare più come un atto propagandistico che un impegno concreto per la salute pubblica. E la Rete No Bavaglio porta i dati. Secondo le denunce che da mesi rimbalzano tra comitati e associazioni del territorio, il reparto di ginecologia sarebbe senza ginecologi operativi, la rianimazione è ancora chiusa e la risonanza magnetica promessa dal 2017, con fondi stanziati, non è mai diventata un servizio utile per i pazienti. I fondi ci sono, i risultati no. La pista per l’elisoccorso invece non consente atterraggi notturni.

I monitoraggi regionali e i documenti ASL mostrano che molte prestazioni non rientrano nei tempi ragionevoli: il sistema di monitoraggio tempi di attesa della Regione Lazio certifica ritardi significativi in molte prestazioni ambulatoriali, mentre i documenti ASL Roma 6 riportano valori che, nel complesso, descrivono un presidio sotto pressione e incapace di smaltire le richieste. Per il cittadino significa diagnosi ritardate, terapie posticipate e un aumento del rischio clinico per i casi urgenti che non trovano risposta locale. 

Da DEA di primo livello a struttura di base: il declassamento annunciato

Il quadro delle carenze strutturali, organizzative e di personale ha spinto i sindaci del territorio, tra cui Aurelio Lo Fazio (Anzio) e Nicola Burrini (Nettuno), a lanciare l’allarme: l’ospedale rischia seriamente di essere declassato da DEA di I livello a presidio ospedaliero di base. In pratica, un passo che per loro equivale a una “chiusura mascherata”. Secondo i sindacati, la situazione non è frutto di razionalizzazione o riorganizzazione, ma di uno smantellamento continuo: la struttura viene lentamente privata di servizi essenziali, fino a diventare un guscio vuoto.

“Sono dovuta andare a Roma per una risonanza, perché qui aspettavano mesi”, racconta una donna. “Mia madre ha rinviato una visita oncologica per la lista d’attesa, ora siamo preoccupati”, dichiara un’altra. Le proteste in piazza e le raccolte firme documentano rabbia diffusa: cittadini che denunciano non solo disservizi, ma la sensazione di essere stati privati di un diritto essenziale alla salute. I comitati locali hanno organizzato banchetti, petizioni e consigli comunali straordinari per chiedere risposte concrete, non passerelle e fughe di responsabilità.

A nessuno, infatti, è sfuggito il comportamento del Direttore Generale dell’ASL Roma 6 Gianni Profico con la giornalista di “Fuori dal Coro”, su Rete 4 nel servizio “Ladri di salute: nel Lazio liste chiuse e dirigenti che scappano”. Pur di non rispondere alle domande, ha prima affermato di essere in bagno (ma un attimo prima si sentiva che stava parlando con qualcun altro), poi ha attaccato promettendo che avrebbe richiamato, poi ha staccato il telefono, per non richiamare mai più. Si parlava di una tac al cuore, per un cittadino della ASL Roma 6, che non si riesce a fare né per quest’anno, né per i prossimi 2. Ma le inaugurazioni si fanno.

Una passeggiata propagandistica mentre la comunità resta senza salute

L’“inaugurazione” delle sale, la passerella di autorità, qualche taglio di nastro: tutto pronto, ma sulla carta. Ma la realtà concreta è ben altra. I cittadini di Anzio, Nettuno e dintorni non cercano selfie istituzionali, cercano medici, letti, reparti funzionanti, macchinari attivi. Cercano la sanità pubblica, non uno show. Chi ha bisogno di una risonanza, di dare alla luce un bambino, di una rianimazione, di un esame oncologico, di una visita urgente: tutto viene respinto. Oppressi da liste d’attesa inaccettabili, da carenze strutturali, da un sistema che non si presta nemmeno a pretesti di buon funzionamento.

E domandarsi “a chi giova tutto questo” non è più ideologia: è denun­cia. Perché la sanità non può essere un teatrino, e chi governa non può misurare la propria presenza con nastri e flash. I cittadini chiedono servizi veri, non passerelle.