Altaforte pubblica “Civiltà del Lavoro”: che cos’era l’economia per il fascismo

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In tempi di crisi economica e distruzione del tessuto produttivo, la casa editrice sovranista Altaforte sceglie di pubblicare un libro sulla Carta del Lavoro del 1927. Il libro è curato da Bianca Penna, autrice di Sui binari del treno (2011), dello spettacolo teatrale Sera di Giugno (2019), e di Il profumo dei sogni incendiati. Si tratta di uno dei documenti fondamentali del fascismo, nel quale trovano piena espressione i suoi principi sociali e la dottrina del corporativismo. Civiltà del Lavoro, questo il titolo del volume disponibile nelle librerie e sul sito www.altafortedizioni.it, è una raccolta di scritti e approfondimenti, con contributi di diversi autori e la prefazione di Augusto Sinagra. Nella quale si mette in luce la rivoluzione che, durante il fascismo, diede vita a una nuova organizzazione dello Stato.

La Carta del Lavoro fu la più importante realizzazione fascista

“La Carta del Lavoro – scrive Sinagra nell’introduzione – può dirsi essere la più importante realizzazione nel corso dell’esperienza politica fascista. Che rivelò che il superamento della lotta di classe non era mortificazione. Bensì esaltazione delle ragioni del lavoro e dei diritti come delle garanzie poste a presidio dei lavoratori, di tutti i lavoratori”. E aggiunge: “La vigente Costituzione repubblicana del 1948 parla di disciplina (mai introdotta) dei sindacati, di partecipazione degli operai agli utili e alla gestione delle imprese, di funzione sociale della proprietà privata senza che tuttavia negarla.

La funzione sociale dell’impresa nel Ventennio

E di funzione sociale dell’impresa che, nel garantire l’utile dell’imprenditore giustificato dal rischio, deve rivolgersi non solo alla promozione umana e professionale dei lavoratori. Ma anche alla massima occupazione – sottolinea ancora Sinagra -. Quel che è oggi presente nella vigente Costituzione riflette in larga parte la politica sociale ed economica del fascismo. Fino alle sue pur tardive evoluzioni e compimenti nella esperienza della Repubblica sociale italiana con la socializzazione delle imprese”. Come si ricorderà, la casa editrice Altaforte fu cacciata dal Salone del Libro di Torino perché aveva in catalogo un libro-intervista su Matteo Salvini.