Amazon minacciata dallo sciopero della Triplice: ma non c’era un altro modo?

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Sono tra i 30 e i 40mila, anche se nessuno ne conosce il numero preciso. Lavorano tra migliaia di pacchi nella “catena di montaggio” degli hub e dei magazzini, e sfrecciano con i loro furgoncini per le strade di tutta Italia per consegnarli nelle nostre case. Sono i lavoratori della filiera del gigante statunitense dell’e-commerce Amazon. Che il 22 marzo si fermeranno per la prima volta per 24 ore in tutta Italia per lo sciopero proclamato dai sindacati di categoria Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti.

L’Ugl sta ancora trattando con Amazon a Piacenza

In realtà a Piacenza, prima sede di Amazon per il settore commrciale, si sta ancora trattando. Il segretario generale della Ugl terziario Luca Malcotti, infatti, pur condividendo le sacrosante motivazioni attuali dei lavoratori, sostiene che la vicenda non possa essere regolata coi semplicistici e aggressivi metodi della Triplice. “Il dossier Amazon e quello delle altre multinazionali che operano in Italia – dice – va risolto a monte. Attraverso un approccio con tutta la filiera, altrimenti non se ne esce”.

A restare fermi saranno i pacchi degli italiani

E a restare fermi saranno anche centinaia di migliaia di pacchi che ogni giorno questi lavoratori movimentano. Sempre di più visto che, come ribadiscono i sindacati, “l’e-commerce e Amazon in particolare con lo scoppio della pandemia stanno vivendo un vero boom di ordini e di fatturato”. Boom di fatturato a cui non è corrisposta, per i sindacati, una maggiore attenzione per le condizioni dei lavoratori. E si è così arrivati a uno sciopero che, per i sindacati, “è necessario perché i lavoratori sono stremati, non ce la fanno più”. Ma qusto vuol dire fermare anch quel poco di reddito che la pandemia produce per i lavoratori italiani.

Troppo pesanti i carichi di lavoro

Lo spiega ad Adnkronos/Labitalia Michele De Rose, segretario nazionale della Filt Cgil, e Amazon non risponde alla richiesta di confronto. I driver, cioè coloro che consegnano materialmente i pacchi, arrivano a fare anche 44 ore di lavoro settimanale, e molto spesso per tutto il mese. Inseguendo le indicazioni di un algoritmo che non conosce né le norme di conciliazione dei tempi di vita-lavoro né tantomeno i tempi del traffico delle nostre città. Dalla controparte non abbiamo trovato nessun ascolto né sui carichi di lavoro, né sulla clausola sociale in caso di cambi d’appalto, né tanto meno sulla stabilizzazione dei precari, che sono le nostre richieste principali”.

Mancate risposte da Amazon?

Mancate risposte che non sono andate giù ai sindacati che hanno proclamato lo sciopero, nel rispetto delle norme previste dalla pandemia, e al quale hanno aderito anche le sigle sindacali dei lavoratori atipici Felsa Cisl, Nidil Cgil e Uiltemp. E sì, perché nel mondo Amazon, tra lavoratori diretti e indiretti, esiste “una vera e propria – spiega Marco Odone, segretario nazionale della Uiltrasporti – giungla di rapporti di lavoro. Ci sono dipendenti diretti di Amazon, dipendenti delle ditte in appalto che lavorano nella logistica, lavoratori in somministrazione e lavoratori precari, per i quali noi invochiamo una stabilizzazione”.

Per i driver anche 100 consegne al giorno

I carichi di lavoro che per i circa 15mila driver, e cioè i fattorini che consegnano materialmente i pacchi, stanno diventando sempre più insostenibili. “Si pensi che per questi lavoratori si parla di una media di 100 stop, come vengono chiamati in gergo, al giorno. E all”interno di ogni fermata in un condominio non è detto che si faccia solo una consegna ma possono anche essere due-tre o di più”, racconta ad Adnkronos/Labitalia Salvatore Pellecchia, segretario generale della Fit Cisl.

I rischi ci sono, Amazon lo deve capire

E i rischi sono, per il sindacato, non solo per la sicurezza del lavoratore ma anche degli altri. “I driver – sottolinea Pellecchia – si muovono sulla base del percorso stabilito dall’algoritmo di Amazon, che non tiene però conto del traffico e delle insidie delle nostre città con la conseguenza che, se per queti motivi il driver non riesce a completare le consegne, non viene sostituito da un altro driver ma gli restano sul groppone anche per il giorno dopo”.

I sindacati chiedono una verifica

“Noi chiediamo – aggiunge – che si faccia una verifica sui carichi di lavoro perché ne va del benessere psico-fisico dei lavoratori che sono praticamente stremati, non ce la fanno più. E questo può comportare, ad esempio, effetti anche sulla circolazione stradale perché viaggiare sulle strade con l’ansia di dover rispettare le consegne e in più stremati può comportare conseguenze per sé e per gli altri anche. Poi, c’è il tema della clausola sociale nel caso di cambi d’appalto che sono molto frequenti”, sottolinea Pellecchia.

L’Italia non è l’America, anche se per Amazon lo è

Per i sindacati, questo sciopero è centrale “perché Amazon – sottolinea Odone della Uiltrasporti – deve capire che qui è in Italia non in America, dove un lavoratore si trasferisce da uno Stato all’altro, lascia e prende un lavoro”. “Qui non vogliamo che i lavoratori siano spolpati in 4-5 anni e poi abbandonati. Diciamo sì alla flessibilità ma non deve essere regolata. E questa partita con Amazon è centrale per gli anni a venire. Dobbiamo oggi fissare i diritti dei lavoratori di questo mondo che siamo convinti continuerà a crescere. Amazon è una grande azienda, ne siamo consapevoli, e lo deve capire”, aggiunge. Pr questo il problema va risolto complessivamente.

Non riuscendo a risolvere il probelma, la triplice fa sciopero

Anche perché, ribadisce Pellecchia, “le nostre sono tutte richieste che vengono fatte per un’azienda e un settore che non sono in crisi, anzi”. “E quindi per noi ci sono tutti i presupposti per arrivare a un’intesa ma questo non è avvenuto. Noi c’abbiamo provato in tutti i modi ma non siamo stati ascoltati dalla controparte e quindi tentiamo l’ultima carta che appunto è lo sciopero”, dice. Sciopero che, conclude De Rose, “non potrà avere le consuete iniziative collaterali a causa della situazione pandemica ma qualcosa faremo, tireremo fuori qualche idea”.