Anello ferroviario di Roma: i cittadini chiedono risposte alla Regione Lazio

Da oltre trent’anni Roma attende la chiusura dell’anello ferroviario, un’infrastruttura considerata strategica per la mobilità della Capitale. Oggi il progetto sembra avviato verso la realizzazione, ma l’impostazione attuale solleva dubbi, proteste e timori tra residenti e comitati locali.
Un progetto atteso da decenni
La chiusura dell’anello ferroviario di Roma è una promessa rimasta sospesa per più di trent’anni. L’opera, oggi sotto la guida del nuovo commissario straordinario di RFI, l’ingegner Giampiero Strisciuglio, punta a collegare Valle Aurelia con Roma Tiburtina, con bretelle verso la linea Tirrenica e la Lenta per Firenze.
Una rete che, sulla carta, rappresenta un passo importante per modernizzare il sistema dei trasporti della Capitale e ridurre la congestione urbana.

Un corridoio merci più che un servizio per i pendolari
Nonostante le premesse, l’attuale impostazione progettuale appare più orientata al traffico merci che al servizio per i pendolari. L’anello ferroviario rischia quindi di trasformarsi in un corridoio di gronda per la logistica nazionale, scaricando però i disagi sui residenti dei quartieri interessati.
In particolare, le zone di Vigna Clara, Fleming e Tor di Quinto si dichiarano favorevoli al potenziamento del trasporto pubblico, ma denunciano carenze nella tutela della qualità della vita e della sicurezza.
I numeri della preoccupazione
Secondo le stime, oltre 1.700 famiglie vivono lungo i tratti ferroviari coinvolti. L’impatto ambientale, i rischi strutturali per gli immobili, il rumore e le vibrazioni generate da un traffico previsto di circa 284 treni al giorno (tra merci e passeggeri) rappresentano le principali criticità.
A questo si aggiunge la prevista costruzione di una sotto stazione elettrica in piena area residenziale, elemento che ha alimentato ulteriori contestazioni.
Le richieste dei comitati
I cittadini, supportati da comitati come il FVCTQ, chiedono soluzioni alternative per valutare un tracciato diverso per ridurre l’impatto sui quartieri; interrare i binari, come già avvenuto al Pigneto; evitare la realizzazione della sotto stazione elettrica in zone abitate; garantire controlli sui rischi strutturali, già emersi negli anni ’90. Richieste puntuali e documentate che, denunciano i residenti, finora non hanno trovato riscontro né da parte di RFI né dalla Regione Lazio.
Un problema di metodo e democrazia
Al centro della contestazione non c’è solo la destinazione d’uso dell’opera, ma soprattutto il metodo decisionale. La procedura commissariale attribuisce poteri straordinari al Commissario, riducendo gli spazi di confronto con cittadini e amministrazioni locali. Secondo urbanisti e tecnici, questa concentrazione di poteri indebolisce il ruolo delle istituzioni territoriali, private della possibilità di valutare impatti ambientali e qualità progettuale. Una dinamica che apre un tema di democrazia e buon governo.
Cittadini pronti a ricorrere al TAR
Di fronte a un dialogo che appare sempre più difficile, molti residenti valutano di rivolgersi al TAR o addirittura al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per difendere i propri diritti: partecipazione, trasparenza e tutela dell’ambiente urbano.
Roma tra infrastrutture e sostenibilità
Nessuno mette in discussione la necessità di potenziare i trasporti della Capitale. Roma ha bisogno di infrastrutture moderne, efficienti e sostenibili. Ma, come sottolineano i comitati, non a qualsiasi costo.
La chiusura dell’anello ferroviario potrebbe diventare un progetto simbolo per la mobilità del futuro, ma solo se accompagnata da ascolto e partecipazione. In caso contrario, il rischio è che un’opera nata per unire finisca per dividere la città.

