Anzio, concessione salata per lo stabilimento davanti l’ex Casinò, Comune ‘dimentica’ il Covid: lo scontro torna in Tribunale

Anzio, l'area vicino al. Casinò, foto Google Maps

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Il Covid è stato un terremoto collettivo. Ha piegato famiglie, aziende, interi settori economici. Ha lasciato ferite ancora aperte e un conto sociale che si paga tuttora. Per questo, di fronte a una pandemia che ha azzerato incassi e chiuso attività, ci si chiede: non sarebbe il caso, oggi, di archiviare i rancori e cercare la pace tra pubblico e privato, invece di continuare a farsi la guerra a colpi di carte bollate?

Ad Anzio, però, la tregua non è arrivata. Il Comune di Anzio e i concessionari degli stabilimenti balneari si affrontano da anni sui canoni demaniali. E il caso dello stabilimento con affaccio sull’ex Casinò diventa il simbolo di uno scontro senza pace.

Il caso riguarda il pagamento dei canoni per il 2020, anno segnato dal Covid. Gli imprenditori che gestiscono lo storico stabilimento davanti all’ex Casinò chiedevano una riduzione, sostenendo che la pandemia avesse colpito duramente le attività e imposto chiusure e limitazioni. Ma per i giudici amministrativi, il virus non è bastato: “la redditività calata non equivale a minore disponibilità del bene”. Tradotto, il canone va pagato per intero.

Il Tar respinge, ma la partita non finisce: lo stabilimento di Anzio rilancia

Il Tribunale Amministrativo del Lazio, con la sentenza di maggio 2025, ha dato ragione al Comune di Anzio e all’Agenzia del Demanio. La società ricorrente aveva impugnato l’ordine di introito notificato nel 2020, contestando criteri di calcolo e mancata applicazione della riduzione emergenziale.

I giudici però hanno smontato punto per punto le doglianze. Per loro, il Covid non ha inciso sulla “consistenza fisica del bene” – cioè sulla spiaggia – ma solo sui profitti dei concessionari. Non basta per tagliare la bolletta. Stessa sorte per gli altri argomenti: le pertinenze (cabine, platee in cemento, magazzini) sono dello Stato, non del privato. E i valori di riferimento per il calcolo dei canoni restano quelli commerciali, non quelli del terziario come invocato dai balneari. Risultato: ricorso respinto, spese compensate. Ma il fronte resta aperto.

Anzio chiama l’avvocato e va in Consiglio di Stato: la ‘guerra’ prosegue, ma perchè?

La società non si arrende e ha portato il caso in appello al Consiglio di Stato, massimo organo della giustizia amministrativa. Il Comune di Anzio, dal canto suo, ha subito risposto con un nuovo mandato legale: incarico all’avvocata Tiziana Tassi, già in prima linea nella battaglia al Tar.

Spesa prevista: 6.070,89 euro, con fondi comunali impegnati sul bilancio triennale 2025-2027. Una cifra apparentemente modesta, ma che si somma ai costi crescenti di un contenzioso che rischia di diventare senza fine.

Il nodo del Covid ignorato dal Comune di Anzio

La parte più controversa resta la mancata applicazione delle riduzioni Covid. Molti stabilimenti, in Italia, hanno beneficiato di norme emergenziali che hanno sospeso o attenuato i canoni demaniali. Ad Anzio no. Qui la linea dura ha prevalso: per i giudici, il legislatore aveva escluso espressamente l’estensione della riduzione ai concessionari balneari, preferendo altre forme di ristoro.

Ma resta una domanda scomoda: perché lo Stato ha riconosciuto aiuti straordinari a interi settori devastati dalla pandemia, e invece sulle concessioni marittime ha alzato un muro? Una scelta politica, tradotta in sentenze, che oggi riaccende lo scontro.

Concessioni ‘d’oro’ ad Anzio, anche con il Covid: guerra di carte bollate

Sul fondo resta la vera partita: il business delle spiagge. Le concessioni demaniali sono terreno di scontro in tutta Italia, tra direttive europee, proroghe infinite e canoni che spesso non riflettono il reale valore commerciale delle aree.

Ad Anzio, la vicenda della srl che gestisce lo stabilimento vista Casinò diventa emblematica. Lo stabilimento in questione occupa un’area di pregio, a due passi dall’ex Casinò, da sempre cuore pulsante della città balneare. Il Comune pretende di incassare fino all’ultimo euro, i concessionari accusano di eccessi e arbitri nei calcoli. Il TAR ha scelto la via della fermezza. Ora toccherà al Consiglio di Stato scrivere l’ultimo capitolo.

L’ombra della politica e il conto per i cittadini di Anzio

Dietro i faldoni legali si intravede l’ombra della politica locale. Il Comune ha deciso di andare fino in fondo, a costo di spendere denaro pubblico per resistere ai ricorsi. Ma la domanda resta: fino a che punto ha senso investire risorse comunali in battaglie giudiziarie contro gli operatori del mare, in un settore che dovrebbe trainare turismo e sviluppo?

In gioco non c’è solo un canone da pagare o un principio giuridico da difendere. C’è il rapporto tra pubblico e privato, tra istituzioni e impresa, tra cittadinanza e rendita.

E, in definitiva, c’è una certezza: ad Anzio il mare non è mai solo mare. È potere, affari e contenziosi che sembrano non finire mai. Che peccato, forse sarebbe stato meglio, per tutti, lasciarci il Covid davvero alle spalle.