Anzio, demoliscono gli abusi edili sul mare, ma trascinano per ‘sfregio’ il Comune in Tribunale: condannati due imprenditori
Anzio, una sentenza del TAR Lazio riporta al centro del dibattito pubblico un tema cruciale: la tutela delle aree costiere e il controllo degli abusi edilizi. Due società — i cui nomi omettiamo per ragioni di privacy — avevano contestato un’ordinanza comunale che imponeva la demolizione di opere realizzate in una zona agricola protetta del territorio di Anzio. Il procedimento, però, si è concluso con una decisione che avrà un peso economico certo: la condanna, a carico dei due imprenditori, a pagare 2.000 euro di spese al Comune.
L’ordinanza contestata: opere abusive in area vincolata a Anzio
Il Comune di Anzio aveva ordinato la demolizione di interventi edilizi eseguiti senza alcun titolo abilitativo in un’area tutelata dal Codice dei beni culturali. Si tratta di un tratto di territorio che ricade nelle fasce costiere protette, dove qualsiasi modifica del suolo è sottoposta a vincoli stringenti. L’amministrazione ha ritenuto gli interventi completamente illegittimi e ha imposto l’immediata rimozione delle opere.
Le accuse delle società contro il Comune di Anzio
Le società coinvolte hanno reagito contestando l’ordinanza sotto diversi profili giuridici. Hanno sostenuto che il Comune di Anzio avrebbe applicato in modo errato il Piano Territoriale Paesistico Regionale e violato norme fondamentali dell’edilizia nazionale. Secondo i ricorrenti, l’ente locale avrebbe travisato i presupposti di fatto e le disposizioni normative che regolano gli interventi in aree sottoposte a particolare protezione.
La risposta dell’amministrazione di Anzio: un ricorso inutile
La difesa del Comune, già dall’inizio del procedimento, ha evidenziato che le contestazioni avanzate dalle società non avrebbero avuto alcuna utilità concreta. Secondo quanto depositato in giudizio, infatti, gli stessi soggetti avevano già provveduto a demolire le opere prima della fase decisiva del contenzioso. La Polizia Locale avrebbe accertato l’avvenuta rimozione delle costruzioni attraverso un verbale redatto nell’autunno 2024. Per l’amministrazione, dunque, la battaglia legale non aveva più alcun motivo di proseguire.
Il ruolo della documentazione: la demolizione era già avvenuta
Nonostante le tesi dei ricorrenti, in giudizio è emersa una circostanza rilevante: le opere contestate risultavano già demolite. Questo elemento ha inciso sulla valutazione complessiva del TAR, che ha preso atto dell’avvenuta esecuzione dell’ordine comunale. Con le opere rimosse, non rimaneva alcun beneficio tangibile che i ricorrenti potessero ottenere dal giudizio, rendendo la loro posizione processuale priva di prospettive utili.
Il tentativo del Comune di ottenere una condanna aggravata
Il Comune di Anzio aveva anche chiesto l’applicazione della responsabilità aggravata prevista dall’articolo 96 del codice di procedura civile, sostenendo che l’azione delle società fosse temeraria. In sostanza, l’ente riteneva che il contenzioso fosse stato avviato senza un reale interesse e in violazione delle regole processuali. Tuttavia, il TAR non ha ravvisato i presupposti necessari per un’ulteriore condanna, ritenendo che non vi fossero prove definitive di condotte tali da giustificare un aggravamento.
La decisione finale: 2.000 euro di spese da pagare
La parte più concreta della sentenza riguarda l’aspetto economico. I giudici hanno disposto che le due società devono versare al Comune di Anzio un totale di 2.000 euro per le spese processuali. Una cifra che, pur non essendo elevatissima, assume un valore simbolico importante: ribadisce che l’avvio di un contenzioso pubblico richiede rigore e responsabilità. Soprattutto quando si parla di aree vincolate, dove ogni intervento edilizio deve rispettare norme severe pensate per proteggere il patrimonio paesaggistico.
Perché questo caso riguarda tutti
La vicenda non è solo un episodio tra privati e Comune. Tocca direttamente il tema della legalità nel governo del territorio e l’efficacia dei controlli contro l’abusivismo. Ogni metro di costa protetta ha un valore ambientale che va oltre gli interessi individuali, e i tribunali amministrativi svolgono un ruolo cruciale nel garantire che le regole siano rispettate. Questa sentenza ricorda quanto sia fondamentale agire con trasparenza, soprattutto quando si interviene in zone sottoposte a tutela paesaggistica.
Proteggere il territorio significa proteggere il futuro
Il caso di Anzio mostra quanto sia fragile l’equilibrio tra iniziativa privata e salvaguardia del paesaggio. Le aree agricole e costiere del Lazio sono tra le più esposte al rischio di interventi irregolari, e ogni abuso può generare danni non reversibili. La decisione del TAR rappresenta un monito: le norme ci sono, e devono essere rispettate. E chi contesta un provvedimento amministrativo deve farlo solo quando esiste un reale interesse pubblico o privato meritevole di tutela, non quando la questione è già superata nei fatti.