Anzio, lo stabilimento fronte ex Casinò trascina il Comune in Tribunale: “Abbiamo diritto a restare per sempre sulla spiaggia”
Anzio, in contenzioso dal sapore tutto balneare, ma con implicazioni giuridiche di rilievo nazionale, è arrivato davanti al Tar del Lazio. Protagonista, un famoso stabilimento balneare, uno dei più antichi di Anzio, situato proprio di fronte all’ex Casinò, a due passi dal porto, simbolo di un’epoca in cui la città laziale era una perla del turismo romano. La società che lo gestisce ha trascinato in giudizio Comune di Anzio, Agenzia del Demanio e Regione Lazio, rivendicando un presunto “diritto a restare” sulla spiaggia, a tempo indeterminato, in virtù di concessioni rilasciate prima delle norme europee che impongono gare pubbliche.
Anzio, il ricorso dello stabilimento: “La direttiva UE non vale per noi”
La società ha sostenuto che la propria concessione demaniale – risalente al 2011 ma originariamente riferibile a titoli molto più antichi – non dovrebbe essere soggetta alla direttiva Bolkestein sui servizi del mercato interno.
Secondo la difesa, infatti, la normativa europea e il successivo recepimento italiano (con il decreto-legge 194 del 2009) avrebbero erroneamente cancellato il cosiddetto “diritto di insistenza”, ossia la possibilità per i vecchi concessionari di continuare a gestire i lidi senza dover partecipare a nuove gare.
In sostanza, lo stabilimento ha chiesto al Tar di dichiarare l’inapplicabilità della direttiva europea alle concessioni sorte prima del 2009, anno in cui scadde il termine di recepimento della direttiva. In subordine, la società chiedeva che fosse la Corte di Giustizia dell’Unione Europea a stabilire se la cancellazione del diritto di insistenza fosse compatibile con i principi comunitari.
Anzio resiste: “Le regole valgono per tutti”
Il Comune di Anzio si è opposto con fermezza, chiedendo il rigetto del ricorso. La posizione dell’amministrazione è chiara: la normativa europea e nazionale impone concorrenza e trasparenza nella gestione del demanio marittimo, e nessun operatore può rivendicare diritti “eterni” su beni pubblici.
La battaglia legale, dunque, non è solo locale. È il riflesso di un tema che da anni divide politica, operatori balneari e istituzioni: la fine delle concessioni “storiche” e l’avvio delle gare pubbliche per l’assegnazione delle spiagge, una questione che riguarda migliaia di stabilimenti lungo tutta la costa italiana.
Il Tar: “Ricorso inammissibile, c’erano altri strumenti”
Dopo una lunga istruttoria e un’udienza tenutasi lo scorso 17 ottobre 2025, il Tar del Lazio – sezione Quinta Ter – ha dichiarato inammissibile il ricorso della società che gestisce lo stabilimento. La decisione si fonda su un principio processuale chiaro: la società avrebbe potuto ottenere tutela con altri strumenti, come chiedere al Comune un provvedimento formale da impugnare o denunciare l’inerzia dell’amministrazione. Invece, ha scelto di avviare un’azione di “accertamento generale”, ritenuta non ammissibile nel processo amministrativo se non in casi eccezionali.
Il Tribunale ha ricordato che, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, questa forma di ricorso può essere utilizzata solo quando non esistono altri mezzi di difesa. Ma nel caso di Anzio, tali strumenti – sottolineano i giudici – “erano pienamente disponibili”.
Anche nel merito, nessun diritto “acquisito” eterno
Il Tar, pur dichiarando inammissibile il ricorso, ha comunque chiarito che anche nel merito le tesi della società non avrebbero retto. Richiamando una recente sentenza analoga dello stesso Tribunale (n. 17381/2025), i giudici hanno ribadito che le concessioni demaniali marittime non possono essere prorogate automaticamente e che l’abolizione del diritto di insistenza non è in contrasto con il diritto europeo.
La sentenza Teleaustria del 2000 e la direttiva servizi del 2006 – hanno precisato – hanno introdotto principi generali di trasparenza e concorrenza che non possono essere elusi invocando diritti “nati” prima della loro applicazione.
Spese compensate, ma una lezione chiara
Pur dichiarando inammissibile il ricorso, il Tar ha compensato le spese di giudizio, riconoscendo la “peculiarità della fattispecie”. Ma la decisione invia un messaggio preciso: nessuna concessione può considerarsi eterna, e anche gli stabilimenti storici devono confrontarsi con le regole del mercato e della concorrenza. La vicenda del lido è dunque solo uno dei tanti capitoli di un confronto ancora aperto tra amministrazioni, imprese e istituzioni europee.
Una questione nazionale ancora irrisolta
Il caso di Anzio mette ancora una volta in luce il nodo irrisolto delle concessioni balneari in Italia, al centro di tensioni tra Bruxelles e Roma. Mentre il Governo continua a rinviare le gare per la riassegnazione delle spiagge, molte società, come quella di Anzio che gestisce il famoso stabilimento, si aggrappano a ricorsi e interpretazioni giuridiche per difendere posizioni acquisite nel tempo. Ma la linea della giustizia amministrativa sembra ormai consolidata: i beni pubblici devono restare tali, e la loro gestione deve avvenire nel rispetto delle regole comuni. Una lezione che, da Anzio, risuona lungo tutta la costa italiana.