Ardea chiude la falegnameria, l’artigiano: “Voglio 600mila € di risarcimento”: secondo round in Tribunale

Una falegnameria come quella di Ardea

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Ardea, la vicenda giudiziaria tra un imprenditore artigiano e il Comune si arricchisce di un nuovo capitolo giudiziario. Dopo la sentenza sfavorevole del Tar Lazio, l’ex titolare di una falegnameria ha deciso di ricorrere in appello al Consiglio di Stato contro il provvedimento di primo grado. Continuan a chiedere al Comune di Ardea un risarcimento di 600mila euro. Il Comune, da parte sua, ha deliberato, per il tramite della Giunta, la costituzione in giudizio anche al Consiglio di Stato. La Giunta ha dato mandato al sindaco di sottoscrivere la delega alla lite giudiziaria.

Il lungo braccio di ferro tra falegnameria e Comune di Ardea

Il contenzioso affonda le radici nel 2003, quando il Comune rilasciò una concessione edilizia in sanatoria per un fabbricato a uso artigianale. Dopo anni di proroghe e atti conformi, nel 2012 l’Amministrazione annullò in autotutela il titolo abilitativo, sostenendo che fosse fondato su una falsa dichiarazione. Tuttavia, nel 2015 venne comunque rilasciato da parte del Comune un certificato di agibilità, mentre il procedimento penale a carico del proprietario fu archiviato per infondatezza.

Nonostante ciò, la richiesta di ripristino del titolo edilizio è rimasta lettera morta. Dopo aver diffidato il Comune, l’artigiano ha presentato un ricorso per l’accertamento dell’illegittimità del silenzio, ritenendo che l’Ente avesse il dovere di riesaminare il proprio operato e concedere il risarcimento per l’impossibilità di utilizzare l’immobile.

Il Tar respinge il ricorso della falegnameria: “Nessun obbligo di riesame per il Comune di Ardea”

Il Tribunale Amministrativo ha però sconfessato questa linea. Affermando che non esiste un obbligo giuridico per il Comune di avviare un procedimento di autotutela, trattandosi di una valutazione discrezionale. I giudici hanno sottolineato che il ricorrente aveva già tentato una strada simile in passato, ma il procedimento era decaduto per sua stessa inattività. La certificazione di agibilità, da sola, non era sufficiente a invalidare l’annullamento del titolo edilizio.

Il rischio per le casse pubbliche del Comune di Ardea

Il ricorso al Consiglio di Stato mira ora a ribaltare la sentenza e a ottenere una condanna dell’Amministrazione per i danni economici e morali subiti in oltre un decennio di contenzioso. La cifra chiesta – 600mila euro – rappresenterebbe, secondo la parte appellante, il mancato utilizzo produttivo del bene, con tutte le perdite connesse.

Una burocrazia che si contraddice

Il caso, al di là degli aspetti tecnici, è emblematico di una gestione amministrativa frammentaria e contraddittoria: si passa dalla concessione edilizia all’annullamento, fino alla concessione dell’agibilità, creando un clima di incertezza normativa che oggi si traduce in un contenzioso costoso e potenzialmente dannoso per la collettività.

Il verdetto ora è nelle mani dei giudici di Palazzo Spada. Ma una cosa è già certa: la confusione amministrativa, se non risolta per tempo, può finire per presentare un conto molto salato.