Arte e Fascismo: al Mart di Rovereto in mostra la creatività del Ventennio

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Con circa 400 pezzi tra opere e materiali d’archivio, il Mart di Rovereto indaga l’arte del Ventennio: dalle avanguardie futuriste all’architettura razionalista, “un grande percorso attraverso uno dei periodi più ricchi della storia dell’arte recente”, dice Vittorio Sgarbi, ideatore dell’esposizione curata da Beatrice Avanzi e Daniela Ferrari. La mostra “Arte e fascismo”, aperta da oggi al 1 settembre 2024, analizza i vari e complessi modi in cui il regime fascista influì sulla produzione figurativa italiana, utilizzando a fini propagandistici i linguaggi dell’arte e dell’architettura. Affondando le sue radici nei decenni antecedenti e spaziando dalle pratiche tradizionali alle arti applicate, la cultura visiva del Ventennio testimonia lo svilupparsi di una varietà di stili senza precedenti.

Oltre 400 le opere esposte

“Diversamente da altri regimi, quello fascista non impone un gusto, facendo proprie anche alcune delle tendenze artistiche che si affermano in quel periodo. La mancanza di un unico orientamento facilita lo sviluppo di un’eterogenea e dinamica presenza di espressioni e correnti”, dicono i curatori. Tra pittura, scultura, documenti e materiali d’archivio, il percorso espositivo si snoda tra 400 opere di artisti e architetti come Mario Sironi, Carlo Carrà, Adolfo Wildt, Arturo Martini, Marino Marini, Massimo Campigli, Achille Funi, Fortunato Depero, Tullio Crali, Thayaht, Renato Bertelli, Renato Guttuso. Provenienti da collezioni pubbliche e private le opere dialogano con alcuni dei grandi capolavori del Mart e con numerosi materiali provenienti dai fondi dell’Archivio del ‘900.

Otto sezioni tematiche

Otto sezioni tematiche scandiscono la visita: Novecento italiano, dedicata al grande progetto di sostegno agli artisti e alla cultura di Margherita Sarfatti, intellettuale e curatrice ante litteram; L’immagine del potere, sull’iconografia del Duce tra celebrazione del capo e diffusione del mito; Futurismo. Celebrare l’azione, l’arte totale della maggiore avanguardia italiana; Arte monumentale, l’educazione e la propaganda attraverso la grande arte murale, i mosaici, gli affreschi, i decori, i monumenti; L’architettura e il rapporto con le arti, progetti, bozzetti e arte astratta per edifici grandiosi che esaltassero la potenza italiana, Nuovi miti, non solo l’eroe e l’atleta, ma anche il lavoratore, la donna, la famiglia, alla ricerca della definizione di un sistema sociale virtuoso.

Il Novecento italiano e il ritorno alla tradizione

Il sistema delle arti, l’organizzazione di un’arte di stato tra mostre, quadriennali, biennali e concorsi; La caduta della dittatura, la fine di un’era tra iconoclastia, satira e dramma. Accanto al persistere di ricerche di avanguardia legate al Futurismo, si delinea nel Ventennio una linea di “ritorno all’ordine”, che confluisce nel movimento del Novecento italiano, creato da Margherita Sarfatti. Il ritorno all’antico, funzionale all’affermazione della tradizione italiana, trova varie declinazioni, dal rinnovato sguardo ai maestri antichi dei protagonisti di Novecento fino a più radicali affermazioni di un’arte di propaganda volta alla costruzione del consenso.

Ritrovata armonia tra tradizione e modernità

Il modello di una ritrovata armonia tra tradizione e modernità gode del consenso da parte del regime, alla ricerca della definizione di un sistema delle arti organizzato. Uno straordinario apparato di premi, esposizioni pubbliche, convenzioni e mostre permette al regime di intercettare gli artisti più significativi, di sostenerne l’opera e di inglobarli nel più ampio progetto di promozione generale. Attraverso la partecipazione a biennali, quadriennali, mostre sindacali, a concorsi e a commissioni pubbliche gli artisti danno voce all’ideologia, ai temi e ai miti del fascismo.

Operarono anche artisti distanti dal fascismo

Lo stesso rapporto tra gli artisti e il potere non è definito né unico. Accanto a figure dichiaratamente fasciste, convinte sostenitrici del Duce come Depero e Sironi, si muovono artisti meno ingaggiati, più o meno distanti ma comunque presenti nel ricco panorama italiano. Allo stesso tempo, i nuovi luoghi del potere divengono strumento di affermazione attraverso un linguaggio aperto tanto al classicismo quanto al razionalismo, che coinvolge architettura, scultura e arte murale, rinata sotto l’impulso di una rinnovata volontà celebrativa