Astenersi è peccato: mai come in questa occasione per l’Italia

Stavolta astenersi e’ davvero un peccato. E lo dico a quella vasta area che di testa è col centrodestra, ma che magari pensa che la partita sia già vinta. Dall’altra parte a votare ci andranno.
Perché non ci stanno a tornare a casa. E chi sta di qua – con qualunque formazione politica della coalizione voglia schierarsi – ci deve pensare bene prima di sfogare qualche mugugno non prendendo la scheda da infilare nell’urna.

Sì, astenersi è peccato
La legislatura in scadenza è stata davvero complicata e non incita al voto. Ma dobbiamo pensare al futuro. Al domani di tutti. Alle bollette da pagare. Alle pensioni da garantire. Al lavoro da far crescere. Alle tasse da far diminuire. Alla giustizia da rendere equa per tutti. Alla sanità che non deve essere una concessione.
Ecco, pensare a tutto questo prima di dire non voto. Astenersi è un peccato perché se vince chi sta di là del campo – Letta e soci – se ne strafrega di bollette e cartelle esattoriali, esalta la Fornero, sogna la patrimoniale, obbedisce ai “suoi” magistrati, lottizza la salute.
Quando Letta straparla di allarme democratico, in realtà lo evoca. Perché solo a quelli come lui fa comodo un Parlamento delegittimato dall’astensionismo a livello delle ultime amministrative. No, la politica non può rappresentare la metà del popolo italiano.
Chi può non votare
Si può permettere di non uscire di casa il 25 settembre chi non si accorge della pressione fiscale, chi è soddisfatto dai tribunali italiani, oppure pensa che servizi migliori non si debbano pretendere.
Sono segnali, quelli della diserzione delle urne, che si intravedono ogni tanto e sono pericolosi. Fermiamoci a parlarne con amici e parenti, la perfezione non è un requisito della politica ma, vivaddio!, guai a perpetuare il peggio che ci stiamo lasciando alle spalle. L’Italia ha il diritto di tornare a credere in se stessa, nelle sue potenzialità enormi. Votando.