L’Ater vende le case popolari, gli inquilini protestano in strada

L’Ater ha messo in vendita dal mese di febbraio un gran numero di case popolari nella città di Roma. Si tratta di circa 7500 appartamenti, collocati nei diversi quartieri della Capitale. Dalle periferie del Tiburtino III e del Pigneto, fino alle zone molto più centrali sui Lungotevere e a Prati. All’interno, si stima che vivano più di 13 mila nuclei familiari, che adesso sono molto preoccupati. Perché gli inquilini si sono visti recapitare le lettere, arrivate poche settimane fa. Nelle quali si invitava a far sapere all’istituto se ci fosse o meno la volontà di acquistare. Il tutto entro termini stringenti, con il rischio concreto di perdere dopo tantissimi anni quelle poche decine di metri quadrati. Che comunque hanno sempre rappresentato un ammortizzatore sociale per tantissimi cittadini in difficoltà economiche. I prezzi fissati per la vendita, sono stati una via di mezzo. Tra la funzione sociale di questi immobili, e le stime di mercato. Tanto per fare un esempio, per 50 metri quadri al Pigneto, sono richiesti 50 mila euro. Per 90 metri quadri, si sale a 70 mila. Può sembrare poco, ma per molti sono cifre impossibili da pagare. Per non parlare delle manutenzioni da fare, visto che la maggior parte delle case ha infiltrazioni di acqua e di muffa. E senza lavori, si rischierebbe di acquistare un alloggio che cade a pezzi.

Vendite ATER, ora il sindacato chiede il rinvio

L’Ater concede il rinvio fino a giugno. Ma sulle vendite è polemica

Il sindacato Asia USB e il Movimento per il diritto all’abitare ieri mattina si sono ritrovati nella piazzetta adiacente alla sede Ater di Lungotevere di Nona. Insieme a loro, un centinaio di manifestanti, in rappresentanza degli inquilini delle case popolari. Che dicono no alla vendita di 7500 alloggi predisposta dall’istituto. Tanti i problemi, a cominciare dai soldi richiesti per l’acquisto. Che molte famiglie non hanno. Ma le obiezioni dei manifestanti sono anche sul modo in cui L’Ater gestisce l’emergenza alloggiativa in città. Ci sono quasi 50 mila persone in difficoltà , e oltre 10 mila in graduatoria che aspettano il loro alloggio, hanno precisato i promotori della protesta. Se si procede con le vendite, non ci saranno mai case pubbliche sufficienti per soddisfare la domanda. Da parte sua, il direttore Ater Andrea Napoletano ha precisato che nessuno rimarrà per strada. Perché l’offerta di acquisto potrà arrivare anche da coniugi, figli e parenti entro il terzo grado. Con l’usufrutto garantito per gli ultra 70 enni, per tutta la durata della loro vita. Ancora, si applicherà il principio della rotazione. Chi proprio non ce la farà a comperarsi la sua casa, sarà ricollocati in un’altra, sempre nel territorio del comune. Ma è proprio di questo che inquilini e movimenti non si fidano. Intanto, un primo risultato la mobilitazione di ieri lo ha ottenuto. I termini per rispondere alle lettere sono stati prorogati a giugno. In attesa magari di trovare una soluzione diversa e condivisa.

Le voci degli inquilini

Ed eccole le voci degli inquilini. Di quelli che comunque non potranno comprare. E che non se ne vogliono andare dai quartieri dove abitano da anni. Dove lavorano, e dove i propri figli vanno a scuola. È il caso di Loredana, che vive da 22 anni in una casa popolare al Pigneto. “Nella mia famiglia lavora solo mio marito, nessuna banca ci darà un mutuo. Stiamo vivendo un brutto momento: i miei figli, di 14 e 16 anni, sono cresciuti a Tor Pignattara. Vanno a scuola in zona, hanno amici e parenti, e hanno paura di doversi trasferire altrove”. La lettera è arrivata anche al padre di Loredana, 62 anni, invalido: “Anche lui non potrà acquistare e non può nemmeno usufruire delle deroghe perché non è abbastanza anziano. Siamo molto preoccupati, non sappiamo dove finiremo”.

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