Autovelox non omologati, ecco come e quando si può contestare la multa

autovelox

La recente sentenza della Cassazione in tema di autovelox sta provocando grande confusione tra gli automobilisti e alimenta false speranze su possibili annullamenti di massa delle multe. Lo afferma il Codacons, che interviene per ridimensionare gli effetti della decisione degli ermellini che ha accolto il ricorso di un automobilista stabilendo l’esistenza di una differenza tra omologazione e approvazione degli autovelox. “Va chiarito subito che la sentenza della Cassazione non porta affatto a una raffica di ricorsi e al conseguente annullamento delle multe elevate dagli autovelox”, spiega il presidente Carlo Rienzi.

Criteri e tempi precisi per impugnare le sanzioni

“La legge stabilisce criteri e tempi precisi per impugnare le sanzioni: dalla data di contestazione o notifica della violazione, 60 giorni davanti al Prefetto, ricorso gratuito ma che determina il pagamento del doppio della sanzione se l’istanza è respinta, o 30 giorni dinanzi al giudice di pace, pagando il contributo unificato. Per le multe già pagate o quelle per cui siano scaduti i termini, non è possibile proporre ricorso”, aggiunge ancora. “Nel caso in cui sia ancora possibile contestare la sanzione, per avere certezze circa l’omologazione del dispositivo autovelox che ha accertato la violazione, occorre presentare istanza d’accesso presso il comune dove è installato l’apparecchio e, una volta ottenuti gli atti, analizzare le specifiche tecniche sull’autovelox”, prosegue Rienzi.

I comuni pubblichino le omologazioni dei loro apparecchi

“Una prassi tutt’altro che semplice, e che in ogni caso non porta all’annullamento automatico delle sanzioni”, continua. “Siamo da sempre contrari all’uso indiscriminato degli autovelox come strumento per alimentare le casse comunali, ma il rischio è che la decisione della Cassazione sia interpretata come una bocciatura degli strumenti di rilevazione automatica della velocità e come un via libera al superamento dei limiti sulle strade, con conseguenze negative sul fronte della sicurezza stradale”, prosegue Rienzi. “Per questo chiediamo ai comuni di fare chiarezza, pubblicando sui siti delle amministrazioni le omologazioni degli apparecchi installati sul territorio, in modo da evitare contenziosi e garantire massima trasparenza agli automobilisti”, conclude.

La sentenza della Cassazione

Nella sua sentenza, la Cassazione ha respinto il ricorso del Comune di Treviso che affermava la validità del verbale con il quale era stato accertato un eccesso di velocità da parte di un automobilista che viaggiava a 97 km orari in una strada con limite a 90. A “fotografare” l’infrazione era stato un apparecchio Red & Speed-Evo-L2, non omologato ma approvato, così come non lo sono altre migliaia di autovelox sulle strade d’Italia. Per il Tribunale di Treviso, che in prima battuta aveva escluso l’equipollenza tra omologazione e approvazione, l’accertamento non era valido.

La differenza tra approvazione e omologazione

Una conclusione, spiega Studiocataldi.it, che la Suprema corte considera condivisibile. Correttamente – sottolineano i giudici di legittimità – la sentenza impugnata ha fatto una distinzione tra i due procedimenti di approvazione e omologazione del prototipo, che hanno caratteristiche, natura e finalità diverse. L’omologazione ministeriale autorizza, infatti, la riproduzione in serie di un apparecchio testato in laboratorio, con attribuzione della competenza al ministero per lo Sviluppo economico, mentre l’approvazione consiste in un procedimento che non richiede la comparazione del prototipo con caratteristiche ritenute fondamentali o con particolari prescrizioni previste dal regolamento.

L’omologazione, quindi, consiste in una procedura che – pur essendo amministrativa, al pari dell’approvazione – ha anche natura necessariamente tecnica. Una specifica connotazione finalizzata a garantire la perfetta funzionalità e la precisione dello strumento elettronico da utilizzare per l’accertamento da parte del pubblico ufficiale legittimato. Requisito, questo alla base dell’indispensabile condizione per la legittimità dell’accertamento.