Basta con l’abuso dei termini inglesi da parte istituzionale: richiamo dell’Accademia della Crusca

accademia della crusca

Evitare l’abuso di termini inglesi in testi istituzionali e amministrativi, perchè largamente incomprensibili ai cittadini. Come “compliance” presente sul sito della Agenzia delle Entrate (Attività per la promozione della “compliance” per le imprese e i lavoratori autonomi) e negli atti della Pubblica Amministrazione (indicatori di “compliance”). La raccomandazione arriva dall’Accademia della Crusca, raccogliendo le lamentele di alcuni cittadini. “L’impiego di tecnicismi in lingua straniera è certamente sconsigliabile, come osservano i nostri lettori, quando si tratta di testi rivolti a tutti i cittadini. Per esempio nella comunicazione ufficiale e istituzionale di governo, enti, istituzioni e amministrazioni, che dovrebbe sforzarsi, diessere trasparente e comprensibile.

La Crusca: ma che vuol dire “compliance”?

Senza spingersi troppo nei meandri del lessico specialistico, peraltro in inglese, che rischia di restare oscuro e iniziatico”, afferma sul sito internet dell’Accademia il professore Sergio Lubello, ordinario di storia della lingua italiana all’Università di Salerno. Più in generale, il consulente linguistico dell’Accademia della Crusca ricorda che “il linguaggio dell’economia è oggi tra i più inclini all’accoglimento di parole inglesi, quasi sempre tecnicismi noti perlopiù solo agli addetti ai lavori. E d’altra parte proprio dall’economia provengono alcuni anglicismi che grazie ai media si sono diffusi ben oltre il circolo ristretto degli specialisti. Si pensi a una parola purtroppo ben familiare anche per chi sa poco di economia, lo spread”.

Termini usati persino dall’Agenzia delle Entrate

Quanto al significato del termine “compliance”, ormai entrato in vari settori ma con significati un po’ diversi, l’Agenzia delle Entrate lo usa “per definire gli inviti bonari a controdedurre in via non contenziosa ad eventuali infrazioni evidenziate dall’Agenzia stessa o a pagare il dovuto con sanzioni ridotte”. La compliance sarebbe quasi una sorta di controllo leggero, discreto, attuato per contrastare infrazioni minori. Ma, spiega l’esperto Massimo Balducci, questa pratica non ha niente a che vedere con la “compliance”. Bensì con il semplice principio secondo cui “l’azione amministrativa non può essere unilaterale ma deve essere condivisa con il soggetto cui tale azione si rivolge”. E tale confusione non ci sarebbe se si usasse il termine inglese nel suo significato originario di “conformità a regole definite, a principi stabiliti”.

Troppi i tecnicismi stranieri in italiano

Il professore Sergio Lubello così conclude il suo parere: “Si può certamente dire che l’anglicismo compliance, recente nell’italiano, non solo ha ampliato la sfera semantica dell’originale, ma ha anche via via conquistato ambiti d’uso nuovi, sia pure settoriali. Ma si sa che i termini dell’aziendalese si diffondono velocemente in altri domini comunicativi. Vedremo se anche compliance continuerà la sua marcia verso la lingua d’uso, come altri anglicismi da tempo a loro agio nel lessico dell’italiano”.