Benedetta TV – Belve Crime, Francesca Fagnani gela Bossetti: “Non giudichi il padre di Yara”

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Doveva essere un’intervista. È diventata una lezione. Forse anche una condanna morale, oltre a quella penale. Martedì 10 giugno 2025, in prima serata su Rai2, è andata in onda la prima – e per ora unica – puntata di Belve Crime, lo spin-off nerissimo del programma di Francesca Fagnani.

E sì, si è visto subito che non era la solita “belva”. Era una giornalista con i nervi d’acciaio. E un obiettivo preciso: guardare negli occhi chi sta dall’altra parte della giustizia. E non abbassare mai lo sguardo. Ospite della prima puntata Massimo Bossetti.

Bossetti è stato condannato all’ergastolo il 12 ottobre 2018 per l’omicidio di Yara Gambirasio, sentenza confermata in Cassazione. La tredicenne scomparve il 26 novembre 2010 e venne ritrovata assassinata il 26 febbraio 2011.

A sostenere la condanna è stato principalmente il DNA nucleare rinvenuto sui suoi slip e leggins – un marcatore genetico considerato affidabile e univoco – mentre il DNA mitocondriale, più resistente ma meno identificativo e assente nel campione, è stato ritenuto scarso ai fini dell’identificazione giudiziaria.

Una distinzione tecnica, ma cruciale, che rende ancora più nette le posizioni: la giustizia da un lato, la narrazione del dubbio dall’altro. Bossetti continua a proclamarsi innocente, nonostante le evidenze genetiche abbiano giocato un ruolo decisivo nel processo.

Il carcere di Bollate. Una telecamera. Una voce che non trema

Massimo Bossetti è lì, come al solito. Sguardo basso. Racconta per l’ennesima volta la sua versione. Chiede ancora di rifare il test del DNA. Dice di non ricordare nulla di quel giorno. E tira fuori anche un tentato suicidio: “Mi hanno trovato con la testa nel lavandino e la corda al collo”. Ma non ricorda nemmeno quello.

E la Fagnani? Ascolta. Poi affonda: “E se anche l’omicidio di Yara l’ha rimosso così?”

Silenzio. Primo colpo messo a segno.

Belve Crime scorre, ma è quando parla di papà Gambirasio che finisce tutto

Ed eccolo, il momento in cui l’intervista cambia tono. Bossetti insinua – sì, INSINUA – che Fulvio Gambirasio, padre della piccola Yara, si sarebbe comportato in modo “strano” andando a lavorare nei giorni successivi alla scomparsa della figlia.

E lì, Francesca Fagnani perde la pazienza. Ma non la lucidità. Lo guarda dritto e dice, senza tremare:

“Lei non può permettersi di giudicare il comportamento di un padre che ha perso una figlia. I genitori di Yara sono stati esemplari. Dignitosi. E in silenzio.”

Fine. Punto. Sipario. Il carcere si ghiaccia.

Dietro questa provocazione c’è però un contesto più ampio: lo scrittore Roberto Saviano, nel libro ZeroZeroZero, denunciò che Gambirasio lavorava per la Lopav, impresa edile legata alla famiglia Locatelli, sospettata di rapporti con narcotraffico, e suggerì che Yara sarebbe stata uccisa in una vendetta malavitosa.

Sebbene il padre di Yara abbia negato ogni coinvolgimento e le piste siano state ufficialmente scartate nel corso del processo, l’ipotesi di un legame tra la tragedia e dinamiche oscure nei cantieri è stata rilanciata anche da Bossetti come elemento della propria difesa.

Bossetti: “La mia cicatrice più grande? L’infedeltà di mia moglie”

Sembra un dialogo da fiction, e invece è tutto vero. Quando la Fagnani gli chiede: “Qual è la sua cicatrice più grande?”, Massimo Bossetti non esita: “L’infedeltà di mia moglie.”

Sì, ha appena detto questo. Non la perdita della libertà. Non l’accusa. Non la condanna. Non il fatto di essere stato trovato col DNA sugli indumenti della vittima. No: la ferita più grande, secondo lui, è il tradimento della moglie.

E lo dice con voce ferma. Come se stessimo parlando di un cuore spezzato, non di un ergastolano condannato per l’omicidio di una tredicenne. Come se il vero trauma fosse il tradimento coniugale. La Fagnani lo guarda. Non commenta. Ma quel silenzio dice tutto. Dice che certe parole si commentano da sole.

La reazione social alla prima puntata di Belve Crime

I social si accendono. C’è chi la chiama eroina. Chi dice che Leosini l’avrebbe fatto meglio (e qui si apre un’altra faida).

E c’è anche chi la critica: “Troppo giudicante, sembrava un PM.” Forse. Ma in certi momenti, serve qualcuno che dica le cose come stanno. E ieri sera, quella persona è stata lei.

Ma c’è anche chi applaude: “Francesca Fagnani è una delle giornaliste d’inchiesta migliori che abbiamo in Italia. Altro che ‘che belva si sente’.”

E alla fine, Massimo Bossetti se n’è andato dalla stanza del carcere esattamente come ci era entrato: convinto, freddo, impassibile. Ma stavolta con un silenzio in più addosso. Non quello della giustizia. Ma quello di chi si è sentito guardare dentro. E forse, solo per un attimo, ha capito che certe domande non servono a trovare risposte. Servono a ricordare chi siamo. E chi non vogliamo diventare.