Bilancio Regione Lazio, la maggioranza esulta, l’opposizione… insulta
Era stato annunciato come il bilancio della svolta. Conti in pareggio, debito ridotto, piano di investimenti avviato. Eppure, a guardare con occhi non allineati alla narrazione ufficiale, ciò che è stato approvato stanotte in Consiglio regionale del Lazio somiglia più a una fotografia di facciata di un sistema in affanno, che a una strategia di sviluppo coerente e lungimirante. Nonostante gli applausi della maggioranza, il testo licenziato a larga maggioranza lascia sul terreno più interrogativi che certezze, e l’opposizione è scoppiata in critiche anche feroci.
Bilancio 2026-2028: numeri solidi sulla carta, ma quale futuro?
Il pacchetto di Bilancio 2026-2028 e Legge di Stabilità regionale approvato questa notte conferma entrate e uscite per circa 20 miliardi di euro nel 2026, con una progressiva discesa nei due anni successivi, secondo quanto previsto nei documenti ufficiali della Regione Lazio. Una delle cifre più citate è la riduzione del debito regionale di oltre 13 miliardi di euro, resa possibile dalla cancellazione di anticipazioni di liquidità a livello nazionale e dalla discesa dell’indebitamento totale a circa 7,95 miliardi dal 2026.
Sull’onda di questi numeri, la maggioranza, con il presidente del Consiglio regionale Antonello Aurigemma in prima fila, ha parlato di un bilancio che tutela i cittadini, sostiene i territori e punta su investimenti in mobilità, servizi sociali e sviluppo locale. Solo che sotto la patina dei miliardi e dei piani pluriennali si intravede un quadro meno armonioso. La riduzione del debito e la conferma dell’aliquota IRPEF agevolata per i redditi medio-bassi non bastano a cancellare la sensazione che si stia, ancora una volta, cercando di spacciare per visione strategica un insieme di scelte frammentate e “spot” di consenso, più che una seria azione di governo economico.
Lo sviluppo secondo la Regione: tra coesione e marketing culturale
La manovra contempla un piano straordinario di investimenti – circa 500 milioni fino al 2030 – su infrastrutture pubbliche, mobilità, ambiente, risorse idriche e edilizia residenziale pubblica. Non manca, a margine, qualche scelta di richiamo culturale: dalla creazione di un parco tematico dedicato a Pasolini alla spinta su iniziative legate alla Capitale italiana della Cultura 2026.
Ma le scelte di dettaglio, al di là dell’apparato di cifre e titoli roboanti, lasciano a desiderare su almeno un punto cruciale: cosa cambia oggi per la quotidianità dei cittadini del Lazio? Se lo chiedono i cittadini, ma anche l’opposizione. E la maggioranza parla di una manovra capace di “tutelare i contribuenti”, di dialogare con le parti sociali e di mantenere stabile la pressione fiscale senza aumenti imprevisti, non è di questo parere la minoranza.
“Quella approvata dalla maggioranza di destra in Regione Lazio è una delle peggiori leggi di stabilità mai viste. Ed è ancora più grave perché, questa volta, le condizioni di partenza per fare qualcosa di buono c’erano davvero”, sostiene la consigliera regionale del Partito Democratico, Emanuela Droghei.
Opposizione all’attacco
La Droghei prosegue con durità nell’analisi politica della manovra: “Sono mancate esattamente le scelte che servivano. Si è preferita una modalità di helicopter money in negativo: poco a tutti, mance e mancette distribuite in modo frammentato, così che ciascuno possa dire grazie e soprattutto ricordarsene nel 2028 al momento del voto. Una logica miope, che tratta i cittadini come sudditi e non come persone da mettere nelle condizioni di vivere meglio”.
La consigliera non risparmia attacchi anche sui dossier infrastrutturali: “La destra, con Fratelli d’Italia alla guida, ha scelto l’ingordigia della parcellizzazione: zero visione strategica, nessuna idea di sviluppo, solo pantomime politiche. Basta guardare al caso della Metro C: il governo nazionale toglie le risorse, la destra in Regione finge di rimetterle, e intanto il territorio resta fermo. Tutti impegnati a baciare l’anello di chi non permetterà mai a questa regione di semplificare la vita delle persone, modernizzarsi, diventare competitiva per le imprese e crescere davvero. È una legge che condanna il Lazio all’immobilismo per i prossimi anni. Come amministratrice esco da questa esperienza profondamente mortificata nel mio ruolo e sinceramente dispiaciuta per il futuro a cui questa destra, la più scadente che si ricordi, ha condannato la Regione Lazio”.
Tra buonismo contabile e concretezza sociale
Al di là degli slogan chiari e degli annunci in Aula, il bilancio approvato porta con sé una contraddizione ricorrente: mentre si esalta la gestione delle voci macro, la percezione diffusa – nei gruppi di minoranza e negli osservatori più critici – è che non vi sia un impulso deciso alla modernizzazione reale del Lazio. La riduzione del debito, le agevolazioni fiscali e qualche intervento sugli enti locali non compensano la mancanza di risposte strutturali su temi come la mobilità integrata, la sanità territoriale o la competitività delle imprese. E questo, ribadiscono i critici, spiega anche la durezza dei toni in Aula: non si tratta soltanto di numeri, ma del modo in cui si sceglie di spendere quei numeri, e di chi finisce per contare davvero nelle scelte politiche.
Che il Lazio abbia bisogno di conti in ordine è fuori discussione. Che la politica guardi al consenso è altrettanto naturale. Ma trasformare una manovra di bilancio in un’occasione persa per dare una direzione chiara alla Regione rischia di lasciare un’eredità di cocci, più che di slancio.
Nella dialettica politica resta un punto fermo: le dichiarazioni di facciata non bastano se non seguono un impatto tangibile sulla vita delle persone. I conti possono tornare, ma senza una piano di sviluppo credibile e condiviso, il bilancio rischia di essere ricordato come un altro esercizio di stile, non come il motore di una svolta vera.