Bomba covid nel braccio femminile di Rebibbia. L’allarme della Polizia penitenziaria

Foto ANSA. È esploso un cluster di covid 19 nel braccio femminile del carcere di Rebibbia. A rendere nota la grave situazione è stato lo stesso istituto penitenziario. Che ha parlato di almeno 40 detenute che allo stato attuale risulterebbero contagiate. Una vera e propria bomba, con  numeri che sembrano purtroppo destinati a crescere. Inoltre, anche tre guardie penitenziarie risaluterebbero aver contratto il contagio. Una situazione grave e preoccupante, sia per chi è recluso nella struttura che per chi ci lavora. Senza considerare il rischio di infettare le famiglie degli operatori. E i parenti delle detenute in visita. Così il sindacato della Polizia penitenziaria ha voluto dire la sua, con due distinti comunicati. Del segretario generale Aldo di Giacomo e della vice segretaria e responsabile del comparto Polizia penitenziaria femminile Gina Rescigno. Chiedendo di accelerare con le vaccinazioni, e di fare massima attenzione a tutti i dispositivi di protezione individuale forniti agli agenti.

Focolaio di contagi nel carcere romano di Rebibbia: ci sono 18 casi

Dopo la bomba covid nel braccio femminile del carcere romano la Polizia penitenziaria si fa sentire

L’entità del focolaio desta preoccupazione e non poche criticità. Ci siamo confrontati sin dall’inizio con i vertici del carcere ed abbiamo scritto all’autorità sanitaria competente. Chiedendo prontamente di effettuare un diffuso screening. Ci è stato comunicato in tempi rapidi di aver attivato con diligenza la sorveglianza sanitaria“. Così in un comunicato il segretario del sindacato di Polizia penitenziaria SPP Aldo di Giacomo. Che ha proseguito con altri dettagli.

Sono stati effettuati tamponi al personale ed a tutta la popolazione ristretta. Ma il dato dei contagi resta allarmante e sembra crescere di giorno in giorno. Vista la grossa entità, potrebbero paradossalmente iniziare a mancare i posti in isolamento sanitario. Dal principio della pandemia – prosegue Di Giacomo – abbiamo chiesto alle autorità nazionali competenti che venissero fatti screening periodici a tutto il personale penitenziario. Cosa che non è avvenuta. Eppure, probabilmente si sarebbero potuti evitare nelle carceri diversi focolai, con più accuratezza e maggiore organizzazione. Senza sottovalutare gli effetti del virus e salvaguardando in tal modo sia il Personale che i detenuti, nonché il mondo esterno. Tenendo in considerazione che chi lavora nelle carceri o vi fa visita a qualsivoglia titolo, ha poi contatti al di fuori di esse”.

Accelerare sui vaccini, il Lazio è ancora indietro

Sullo stesso tenore anche le dichiarazioni della vice segretaria SPP Gina Rescigno. Che ha una delega specifica proprio alla rappresentanza del personale femminile. “Lo sforzo messo in atto dalla nuova gestione del carcere è massimo – ha precisato la Rescigno. Lo si denota a cominciare dalla giusta e dovuta distribuzione dei necessari DPI che avviene da diverso tempo. Tuttavia anche nel Lazio ancora tarda il via alla somministrazione dei vaccini. Ed è inconcepibile che ciò avvenga proprio per chi sin dagli albori della pandemia ha lavorato e lavora a tutt’oggi in prima linea. Continuando a prestare il proprio servizio sebbene rischi consapevolmente la vita. E quando nel rischio potrebbe coinvolgere anche la sua stessa famiglia”.

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