Bruno Tomasich ci disse: “Adesso aspetto solo di morire con la mia camicia nera”

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“Spero che la passione, l’orgoglio e le ragioni, che vi assicuro ci sono, di ragazzo di Salò, non nuocciano allo spirito di quella imparziale, e per questo da me apprezzata, ricerca storica”. Ecco l’ultimo post di Bruno Tomasich su Facebook, scritto appena il 13 maggio. Se ne è andato poche ore fa, e già sui social ci sono migliaia di attestati di stima e di condoglianze alla famiglia. Lo conobbi negli anni Settanta, come animatore e fondatore di sezioni del Msi a Monte Sacro, ma lui veniva da molto più lontano. Veniva dalla Repubblica Sociale, dove era accorso giovanissimo ad arruolarsi, per servire quegli ideali che non avrebbe mai più rinnegato nella sua lunga vita. Professore – aveva qualcosa come tre lauree – scrittore, imprenditore, storico, era legatissimo alla famiglia e alle sue figlie. E alla memoria di Rossella, scomparsa prematuramente.

Tomasich fu arrestato nel 1947 per ricostituzione

Dopo la guerra lavorò in diverse aziende chimiche in tutta Italia come dirigente, anche a Roma. E quando doveva fare delle assunzioni, non dimenticava mai i “camerati”, come si chiamavano tra loro gli appartenenti al Msi e al Fronte della Gioventù. Già nel 1972 lo troviamo come dirigente federale e in seguito fu fondatore di diverse sezioni nel quartiere Monte Sacro, dove abitava. Fondatore e finanziatore: Bruno aiutava sempre le sezioni oltre che con la sua presenza anche con contributi economici. Via Valsolda, Talenti e Tufello, dove si iscrisse quando venne a Roma. Tra l’altro furono tra le sezioni più bombardate dai comunisti. Che nel 1976 gli incendiarono anche l’automobile. Ma lui se ne fregava e ha sempre continuato a combattere. La guerra non era mai finita: uccidere un fascista non era reato per la sinistra.

Angelo Mancia era uno dei suoi ragazzi

Angelo Mancia era uno dei suoi ragazzi, così come Gianni Di Spirito, mentre aveva rapporti di sincera stima reciproca con l’avvocato Rocco Certo, segretario della Tufello. Nel 1976 fu eletto consigliere dell’allora V circoscrizione, il Tiburtino, insieme con Filippi, segretario della Portonaccio. Ma la politica elettorale non l’aveva mai troppo interessato, glielo aveva chiesto il partito. Preferiva la ricerca storica e l’attività sul territorio. Ovviamente, il nome e l’indirizzo di Bruno Tomasich comparvero nella lista di proscrizione “basta con i fascisti!” compilata da Lotta Continua, insieme a quelli di molti altri attivisti di Roma. Lotta Continua poi raggiunse il suo vertice politico massimo con l’assassinio del commissario Calabresi, di cui oggi ricorre il 50° anniversario. Ma Bruno non si spaventò mai.

A 15 anni scappò per andare ad arruolarsi nella Rsi

Classe 1929, Bruno Tomasich era di origini dalmate, come si evince dal nome, ma nacque a Cesena perché la famiglia si trovava lì. A 15 anni fuggì da casa, a Venezia, per andare nella Rsi agli ordini del comandante Bevilacqua. A 16 anni andò con le Fiamme Bianche. Nel 1947 fu arrestato per ricostituzione perché con le Sam, Squadre d’azione Mussolini, aveva partecipato ad atti dimostrativi contro il governo. Fu assolto per insufficienza di prove. Napoli, Verona, Roma, in un’azienda su via Tiburtina. Ebbe sei figli, cinque femmine e un maschio. A Roma. Tomasich si rese conto che nella zona c’era solo la sezione Tufello,  per coprire un quartiere di oltre centomila abitanti. Perciò nel 1970 aprì la sezione Monte Sacro, in via Valsolda, intitolandola ad Augusto De Marsanich. Che venne anche a fare molti comizi al cinema Espero su via Nomentana.

Tomasich voleva aprire una sezione anche a San Basilio

Nel 1977 ne aprì un’altra a Talenti, in via Martini, di cui i primi segretari furono il comandante Aragozzini e Domenico Gramazio, con cui l’aveva aperta. Ne avrebbe voluto aprire una anche a San Basilio, ma fu sconsigliato da Donato Lamorte. Poi la Tufello fu costretta a chiudere dagli assalti quotidiani dei collettivi rossi. In dieci anni, le sezioni Monte Sacro e Talenti fusono colpite da oltre trenta attentati, e molti attivisti furono aggrediti, picchiati, fatti a segno di colpi di arma da fuoco. Anche le loro case furono bombardate. Ma c’erano mille iscritti e l’attività era fiorente. Ricordo soltanto un grandissimo e seguitissimo convegno contro la droga al cinema Espero. Tomasich era nel mirino dei terroristi rossi. Lui stesso notò una certa sorveglianza sotto la sua abitazione e nel quartiere erano comparse scritte minacciose contro di lui e Angelo.

Una quarantina i libri scritti da Tomasich

“Quella mattina del 12 marzo 1980 – ci raccontò quando andammo a trovarlo con Vittorio Lapponi pochi anni fa – andai in fabbrica prima delle sei e non notai nulla di strano. Ma due ore dopo uccisero Mancia a poca distanza. “Avevo avvertiro di questa sorveglianza – raccontò – anche il commissariato di zona”. Ma in quegli anni c’era poco da fare. Per lo Stato – magistratura e altre istituzioni – il nemico erano i fascisti. Tomasich ha scritto una quarantina di libri, soprattutto politici, ma non solo. Il primo libro fu spinto a scriverlo dalla morte prematura della figlia Rossella: “Rossella. L’anima e il corpo dalla vita alla morte”. Gli ultimi anni li ha trascorsi in casa ad accudire la moglie malata. Quel giorno disse a Virrio e a me: “Adesso aspetto solo di morire con la mia camicia nera”.