Le forze di polizia, coordinate dalla Questura di Roma, hanno effettuato uno sgombero all’alba un immobile occupato in via della Caffarella. Lo stabile, di proprietà della Regione Lazio, era stato occupato lo scorso 6 marzo da gruppi ambientalisti e ribattezzato ‘Laboratoria Ecologista Autogestita – Berta Caceres’. L’azione era stata rivendicata come protesta contro la possibile vendita all’asta di quella struttura.
Oggi su delega della Procura della Repubblica di Roma, i Carabinieri del Comando Provinciale di Roma stanno dando esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo. Al termine delle operazioni di sgombero, l’immobile verrà riconsegnato dai Carabinieri agli aventi diritto.
L’estrema sinistra romana tuona contro lo sgombero della Caffarella
La reazione dell’estrrema sinistra capitolina non si è fatta attendere. Capeggiata da Christian Raimo, assessore del II Municipio, che ha scelto di sconfinare per dare voce agli ambientalisti rossi, con una accorata diretta Facebook.
La posizione dei centri sociali okkupati è ben resa dalla lamentazione su Facebook del centro sociale di via Nola, Scup:
«Ancora una volta, proviamo ad aprire spazi e ridargli vita, a dare spazio a idee, confronto, a costruire uno spiraglio di futuro e immaginazione in una città desertificata e che ci vede sempre più frammentati.
Ancora una volta i tentativi di costruire comunità generative, attraverso l’incontro e la costruzione di uno spazio di discussione aperto e politico, vengono costantemente mortificati, abbattuti. E’ la logica della proprietà che desertifica. Lo abbiamo già visto a via Nola. Di quello spazio ancora possiamo osservare le macerie.
La proprietà diventa diritto centrale, non importa che gli spazi siano vuoti, abbandonati, che centinaia di persone gli stiano ridando vita, che divengano spazi fruiti, valorizzati, di relazione, che da li possano partire nuovi percorsi di cittadinanza e solidali…la proprietà dello spazio legittima la violenza dello sgombero: meglio uno spazio abbandonato e valorizzato in un fondo immobiliare che uno spazio riempito di vita, aperto, generativo?
Dopo due anni di pandemia, di fronte alle crisi che ci riguardano come esseri umani e che ci interrogano sul nostro destino comune, di cosa sentiamo oggi il bisogno per noi?
Roma ha bisogno del LEA Berta Caceres, come di Scup, dell’Ex Lavanderia e di tutti quegli spazi che giorno per giorno attraverso relazioni e incontro provano a costruire un’altra idea non solo di città, ma dello stare al mondo come umanità».