Caporalato a Latina, irregolarità su 7 aziende agricole su 12: anche quelle che ricevono fondi UE
Il cuore agricolo di Latina torna al centro delle cronache per una nuova inchiesta che svela l’altra faccia del Made in Italy. I Carabinieri di Latina hanno passato al setaccio dodici aziende agricole, trovando irregolarità in ben sette di esse. Una percentuale allarmante che conferma quanto il caporalato, in questa terra fertile ma vulnerabile, resti una piaga radicata e difficile da estirpare.
L’ombra del caporalato
Dietro le serre e i campi che riforniscono mercati e supermercati, si nasconde un sistema opaco fondato sullo sfruttamento. L’indagine ha evidenziato condizioni di lavoro ai limiti della dignità: turni massacranti, paghe irrisorie, sicurezza carente. In più, alcuni imprenditori hanno beneficiato di fondi comunitari pur non rispettando nemmeno le norme basilari di tutela dei dipendenti. Un cortocircuito che mette in discussione la credibilità dei controlli e l’efficacia dei meccanismi di finanziamento europeo.
Fondi europei e aziende irregolari
La scoperta più clamorosa riguarda proprio le aziende che ricevono aiuti dall’Unione Europea per sostenere il comparto agricolo. Mentre incassano milioni in sussidi, contemporaneamente risparmiano sulle spalle dei lavoratori, ridotti a braccia da spremere. È l’ennesima dimostrazione di come la criminalità economica possa insinuarsi anche nei canali istituzionali, beneficiando di risorse pubbliche e violando le regole nello stesso tempo.
I numeri che pesano come macigni
Su dodici aziende controllate, sette sono risultate non in regola. Una cifra che parla da sola e che denuncia un fenomeno diffuso, non un’eccezione isolata. Le violazioni riscontrate spaziano dall’uso improprio dei contratti alla mancata applicazione delle norme sulla sicurezza, fino a pratiche riconducibili al vero e proprio caporalato. Per alcuni titolari sono scattate denunce, per altri pesanti sanzioni amministrative. Ma resta l’impressione che la rete del malaffare sia ben più ampia di quanto emerga dalle carte ufficiali.
Il ruolo dei Carabinieri
L’operazione, condotta dai militari del Comando per la Tutela del Lavoro con il supporto delle stazioni locali, ha richiesto settimane di appostamenti, verifiche e sopralluoghi. Un lavoro minuzioso che ha fatto emergere un quadro inquietante. Le forze dell’ordine hanno confermato come lo sfruttamento dei braccianti non sia un episodio sporadico ma un meccanismo sistemico. Un modello di produzione che, in nome del profitto, schiaccia diritti fondamentali e trasforma la terra in un palcoscenico di ingiustizie.
Braccianti invisibili
A pagare il prezzo più alto sono i lavoratori, spesso immigrati, che vivono ai margini e raramente trovano la forza di denunciare. Temono ritorsioni, temono di perdere l’unica fonte di reddito, per quanto misera. E così restano in silenzio, accettando condizioni che umiliano la dignità umana. Le indagini hanno raccolto testimonianze drammatiche: giornate sotto il sole cocente per pochi euro, nessuna tutela sanitaria, assenza totale di contratti regolari.
Un fenomeno che brucia la reputazione
Latina e l’Agro Pontino sono da sempre simbolo della produttività agricola italiana. Ma scandali come questo minano la reputazione di un territorio che esporta eccellenze in tutta Europa. La qualità dei prodotti rischia di essere oscurata dalla qualità delle condizioni in cui vengono raccolti. È una ferita profonda non solo economica ma anche etica, che getta un’ombra lunga su un settore già provato da crisi e concorrenza spietata.
Politica e istituzioni sotto accusa
L’inchiesta rilancia interrogativi scomodi: come è possibile che aziende in regola sulla carta riescano a intascare fondi pubblici pur continuando a sfruttare i lavoratori? Dove finiscono i controlli delle istituzioni? E perché gli strumenti messi in campo per combattere il caporalato sembrano sempre insufficienti? Domande che chiamano in causa politica, burocrazia e sistema di vigilanza, troppo spesso incapaci di anticipare e stroncare le distorsioni.
Un appello alla responsabilità
La vicenda dimostra che il caporalato non è solo un problema di legalità, ma anche di civiltà. Non basta punire le aziende scoperte: occorre spezzare il silenzio, incentivare le denunce, proteggere chi trova il coraggio di parlare. Servono più controlli, più trasparenza e soprattutto un cambio culturale che metta al centro la dignità del lavoro. Perché i campi di Latina non possono restare teatro di sfruttamento: devono tornare ad essere simbolo di ricchezza onesta e sostenibile.