Carceri, tre morti a Rieti. Rientra la rivolta a Regina Coeli e Rebibbia

carceri di rieti

Rientrano le proteste di ieri nelle carceri romane di Regina Coeli e Rebibbia, anche se alcuni parenti dei detenuti stazionano ancora davanti ai rispettivi ingressi. Si sono conclusi inoltre quasi dappertutto i disordini che hanno interessato nella giornata di ieri oltre 20 istituti penitenziari. L’occupazione di spazi da parte dei detenuti sono terminate e i reclusi hanno fatto rientro nelle camere di pernottamento. In alcuni istituti invece la situazione non è ancora definita e manifestazioni sono tuttora in corso.

Carceri, tre detenuti morti a Rieti

Purtroppo tre detenuti sono morti nel corso della rivolta di ieri nel carcere di Rieti. A quanto si apprende i tre sarebbero morti dopo aver assaltato anche la zona infermeria e aver assunto metadone e altri farmaci. Altri sei sarebbero ricoverati in gravi condizioni. Carabinieri e polizia stanno presidiando il carcere, dove stamattina la situazione pare tornata alla normalità.

“Purtroppo  dobbiamo evidenziare il risultato fallimentare inaugurata la sorveglianza dinamica e  del sistema a custodia aperta sperimentati per primi sul territorio nazionale proprio nel carcere di Rieti nuovo complesso aperto nel 2009 e distrutto in più parti dopo la rivolta di ieri. Nell’Istituto sono  morti 3 detenuti – pare per aver assunto farmaci – e altri 7 in ospedale”. E’ il commento di Massimo Costantino, segretario generale aggiunto della Cisl Fns Lazio.

I sindacati: ai domiciliari con braccialetto elettronico

I sindacati di polizia fanno una proposta. “Sono 8mila i detenuti con una pena definitiva sotto a un anno da scontare: potrebbero esser affidati ai domiciliari con braccialetto elettronico, a lavori di pubblica utilità”. Lo afferma all’Adnkronos Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe), all’indomani delle rivolte scoppiate in diversi istituti penitenziari con vittime e danni, parlando del problema del sovraffollamento nelle carceri e delle possibili soluzioni.

“Si avrebbe un risparmio economico. Anziché avere circa 62mila detenuti potremmo portarli a circa 50mila, la situazione sarebbe più vivibile – sottolinea il segretario generale del Sappe -. Andrebbe comunque potenziato l’organico penitenziario che ha una carenza di 4mila unità”.