Centrale del Latte di Roma, la nuova ‘gestione Gualtieri’ va in negativo: 2,4 milioni di debiti nel 2024

1 agosto 2023: il Comune di Roma torna in possesso del 75,01% del pacchetto azionario della Centrale del Latte di Roma, il colosso del latte situato su via Fondi di Monastero ‘svenduto‘ nel lontano 1996 dall’ex primo cittadino Francesco Rutelli: ora la Capitale detiene in totale l’81,73% di Centrale del Latte di Roma spa.
Un passaggio di proprietà quasi tenuto nascosto dall’attuale Giunta Gualtieri e, cosa ancor più grave, poco noto ai cittadini di Roma. Proprio nel 2023 difatti si è conclusa una lunga ‘guerra giudiziaria’ con Parmalat. Con la sentenza della Corte d’Appello del 28 marzo 2022, la proprietà della quota del 75,01% è stata riconosciuta al Comune di Roma. Parmalat ha poi rinunciato a un ulteriore ricorso, ufficializzando la restituzione spontanea delle azioni il 7 novembre 2022. Il Campidoglio ha rimesso le mani sulla sua creatura, almeno formalmente, solo dal 1 agosto 2023, come anzidetto.

Ma dietro la vittoria giudiziaria del Comune di Roma, si è aperto un capitolo ben più problematico: la gestione economico-finanziaria della società è ora quasi completamente nelle mani del Campidoglio. E il primo bilancio sotto il ‘nuovo’ controllo pubblico si chiude con un rosso pesante: 2,436 milioni di euro di perdita al 31 dicembre 2024. Questo si legge nelle carte che il Nuovo 7 Colli ha potuto consultare e che mette a disposizione dei propri lettori.
La gestione post-Parmalat: la Centrale di Roma spa in mano a Roma e alla Giunta Gualtieri
Il bilancio d’esercizio 2024, chiuso il 31 dicembre 2024, racconta una realtà complessa. La società di revisione ha dichiarato che, formalmente, i conti sono corretti. Ma ha anche richiamato l’attenzione su un punto cruciale: l’interruzione dei contratti con Parmalat, avvenuta a seguito della retrocessione del pacchetto di maggioranza, ha avuto effetti pesanti sull’intero assetto della Centrale.
L’uscita del colosso privato non ha lasciato solo un vuoto nella gestione, ma anche nel portafoglio ordini, nei canali di distribuzione e nell’indotto. Il tutto ha influito in modo diretto sulla performance economica dell’azienda, con conseguenze che rischiano di protrarsi ben oltre il 2024 e anche nel corso di un 2025 più che problematico. Di tutto ciò, non si rileva alcuna notizia sui grandi quotidiani nè, tantomeno, sui profili social di sindaco o assessori.
Il Piano per il rilancio
Il Consiglio di Amministrazione ha varato un nuovo piano industriale il 11 dicembre 2024, tentando di correggere la rotta. Le azioni previste sono definite “contingenti”, con l’obiettivo di riportare l’azienda in utile entro il 2028. Ma non si nasconde la gravità della situazione: il rilancio passa da ristrutturazioni interne, nuove strategie commerciali e un potenziamento della capacità produttiva.
Il collegio sindacale, nella sua relazione, ha confermato che la società dispone ancora di risorse sufficienti a far fronte alle obbligazioni del 2025. Tuttavia, il risultato negativo non può essere ignorato: in base alla normativa vigente, Roma Capitale dovrà accantonare in bilancio una somma equivalente alla perdita, in proporzione alla quota posseduta (81,703%). Quindi pari a circa 2 milioni di euro, centesimo in più, centesimo in meno. Un ennesimo debito che rischia di gravare sulle spalle di Roma e dei cittadini romani.
Una perdita da coprire, un Piano di rilancio da mettere in pratica
Alla luce di questi dati, la Giunta Capitolina, nella seduta del 29 maggio 2025, ha deliberato di autorizzare i propri rappresentanti a votare favorevolmente all’approvazione del bilancio in occasione dell’assemblea dei soci. Al voto di Giunta erano assenti – ironia della sorte – il primo cittadino, Roberto Gualtieri, che è anche il Commissario per il Piano di rientro di Roma dal debito. E il suo assessore a Sport e Grandi Eventi, Alessandro Onorato.
Proprio nel corso della seduta – i cui esiti sono stati resi pubblici solo oggi – la Giunta Gualtieri (senza il sindaco-Commissario Gualtieri e l’assessore Onorato) ha deciso di coprire la perdita di 2,436 milioni di euro utilizzando riserve di utili iscritte a patrimonio netto. Una soluzione tampone che consente di evitare ulteriori squilibri finanziari nel breve periodo, ma che non risolve il problema strutturale: la Centrale del Latte di Roma, oggi sotto controllo pubblico, non è ancora economicamente sostenibile.
Il peso del ritorno al pubblico a carico dei cittadini romani?
La riacquisizione del controllo pubblico, celebrata come una vittoria politica, si rivela ora un boomerang operativo. Senza l’apporto gestionale e commerciale del partner privato, l’azienda si è trovata a dover affrontare da sola una riorganizzazione complessa, in un mercato sempre più competitivo.
Il rischio è che questa scelta finisca per gravare sulle casse comunali in modo diretto e continuativo. La prossima sfida per l’amministrazione Gualtieri sarà dimostrare che un’azienda pubblica può davvero reggersi sul mercato senza generare deficit strutturali. Ma il primo bilancio sotto la nuova gestione non lascia spazio a dubbi: il segno è rosso, anzi profondo rosso.

