Il centrodestra non rinunci al presidenzialismo
Domanda: ma perché il centrodestra deve rinunciare al presidenzialismo?
Si sta facendo largo la strada del premierato, ovvero l’elezione diretta del presidente del Consiglio, ma facendo attenzione a non disturbare troppo il Quirinale.
Il presidenzialismo è nel programma del centrodestra
Ma che ragionamento è? Una rivoluzione costituzionale e assolutamente democratica va rimessa nel cassetto perché non piace al Colle?
È evidente che a Mattarella bisognerà far terminare il suo mandato alla scadenza prevista, ma il prossimo Capo dello Stato deve essere eletto dal popolo sovrano e non più nominato dal Parlamento.
Si è cominciato a parlare di premierato – il sindaco d’Italia – come alternativa perché c’era la disponibilità del Terzo Polo (come si chiamava) a dire sì alla riforma.
Ma nel momento in cui Calenda e Renzi sono agli stracci è davvero il caso di tornare indietro, con la rinuncia a quel presidenzialismo che sta nel programma con cui il centrodestra ha vinto le elezioni?
In particolare chi sta a destra con la testa e con il cuore non può accettare di buon grado una riforma spuntata, che magari ci faccia eleggere un premier che può essere sostituito dalla stessa maggioranza, come si vocifera in queste ore.
Non si abbia paura del referendum costituzionale
La speranza è che non ci siano inutili retromarce: e se in Parlamento non ci saranno i voti necessari a evitare il referendum costituzionale, ci si vada senza paura. Riformette per paura dell’avversario non servono all’Italia.
Punto 3 dell’”Accordo quadro di programma per un Governo di centrodestra” sottoscritto sottoscritto da Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi moderati: “Elezione diretta del presidente della Repubblica”. Ed è anche al primo posto dedicato al capitolo sulle riforme istituzionali, sulla giustizia e sulla pubblica amministrazione.
Per cambiare il programma non basta sostituire una riga, ma una incisiva opera di persuasione non affidata alle indiscrezioni che si affidano ai giornali. Calenda ormai è a sinistra, i voti di Renzi non sono sufficienti per cambiare il corso delle riforme.