Chiara Colosimo spiega l’ostracismo della sinistra: “E’ una vendetta, denunciai il caso mascherine in Regione”

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Tutti abbiamo visto l’incredibile scontro tra maggioranza e opposizione sulla nomina della deputata Fratelli d’Italia Chiara Colosimo, poi eletta alla presidenza della Commissione parlamentare Antimafia. Più che scontro, si è trattato di una impuntatura delle opposizioni contro la nomina della giovane deputata romana. E tra poco spiegheremo il perché di questa levata di scudi. La maggioranza comunque è andata dritta sulla candidatura della deputata finita al centro di alcune polemiche dopo un servizio di “Report” – guarda caso! – sulla presunta conoscenza con l’ex Nar Luigi Ciavardini. Dal M5S, poi seguito dal Pd, era però arrivato il “no” ancora prima della votazione. “Se questo è il nome – spiegavano – non parteciperemo al voto”. Dem, Cinquestelle e Avs sono quindi usciti dall’aula senza votare. Tutto inutile.

Ma quale Ciavardini, non c’entra nulla…

E la storia di Ciavardini era solo una scusa. Colosimo è comunque stata eletta presidente ottenendo 29 voti, mentre 4 voti sono andati a Dafne Musolino (Per le autonomie). Una scheda bianca. La Commissione Antimafia è composta da 50 membri. Alla votazione erano presenti e hanno partecipato 34 parlamentari, nessuno si è astenuto. Dopo l’elezione di Colosimo, sono quindi stati eletti come vicepresidenti i deputati Mauro D’Attis (Fi) e Federico Cafiero De Raho (M5S). D’Attis ha ottenuto 29 voti e De Raho 13 voti. La verità su questo insiegabile ostracismo lo spiega oggi la stessa Colosimo in un’intervista su “Libero”. Si tratta di una semplice vendetta per aver sollevato lo scandalo delle mascherine in Regione Lazio, quando lei era all’opposizione, e in definitiva di essersi impicciata negli affari della sinistra e del Pd.

Colosimo: il Pd ha più di un motivo per avercela con me

“Diciamo che hanno qualche motivo per avercela con me”, spiega Colosimo intervistata da Libero. “È indubbio che in questi anni mi sia fatta molti nemici intorno. La vicenda più nota è il rifornimento di mascherine di Zingaretti. Era il marzo 2020. Mi accorsi di tre determine affidate a una piccola società. A capo alla stessa società risultavano due revoche per inaffidabilità dovute alla mancata consegna dei dispositivi”, spiega nel dettaglio la parlamentare di Fratelli d’Italia. Ostinata ad andare fino in fondo “A questa società venne dato un anticipo di 14 milioni di euro. Feci una prima interrogazione chiedendo conto di quei milioni, a fronte di una fornitura mai arrivata. Il presidente Zingaretti rispose che si trattava di fake news e decise di rinnovare i contratti revocati alle due determine”.

Poi c’è il concorso di Allumiere….

Ma non c’è solo la vicenda delle mascherine. “Mi ero anche accorta che Allumiere, un piccolo comune dei monti della Tolfa, assunse in un concorso, invece che cinque persone, centosette. Casualmente i promossi erano legati a due partiti: Pd e M5s. E ovviamente ne chiesi conto”. Ciavardini? “Ho semplicemente espletato, nelle mie funzioni di consigliere regionale quello che mi era concesso. Come da dettato costitutivo – ribadisce a Libero – esistono delle associazioni che si occupano della parte rieducativa della pena. E  del reinserimento dei detenuti nel mondo lavorativo. Lì conobbi Luigi Ciavardini che aveva un’associazione gestita da sua moglie. Che si occupava di tutte le attività ludico ricreative all’interno di Rebibbia. La Regione, alle associazioni, compresa quella che faceva capo a Ciavardini, finanziava questo tipo di iniziative”.