Chinatown al Prenestino: i finanzieri scoprono una distilleria clandestina

distilleria clandestina

Una distilleria clandestina artigianale per la produzione di alcolici e circa 1,5 tonnellate di generi alimentari in pessimo stato di conservazione sono stati rinvenuti all’interno di un ristorante nel quartiere Prenestino dai Finanzieri del Comando Provinciale di Roma.

Le Fiamme Gialle hanno denunciato una cittadina cinese per fabbricazione abusiva di alcolici, detenzione di dispositivi pericolosi e conservazione di alimenti in pessime condizioni igieniche.
Nei locali del ristorante sono stati trovati 14 fusti colmi di grappa cinese, un distillatore ad alambicco e diverse bombole di gas in difetto delle prescrizioni di sicurezza e in violazione della normativa antincendio.

Nel corso del controllo, sono stati scovati non solo la distilleria clandestina, anche tre lavoratori “in nero”. Con la conseguente irrogazione di una sanzione di oltre 14.000 euro. Il Comune di Roma Capitale, a seguito della segnalazione dei Finanzieri, ha disposto la chiusura immediata dei locali.

Non solo la distilleria clandestina: erbe e medicinali cinesi

Nella comunità cinese, ancora più che gli alcolici, c’è un fiorente commercio di farmaci anti Covid. Medicinali a base di piante e ed erbe officinali di provenienza cinese e spacciate come cura per il Coronavirus. Nei giorni scorsi, i finanzieri del comando provinciale di Roma ne hanno trovate oltre 700mila confezioni in una erboristeria nel quartiere Esquilino. Il titolare, un uomo di nazionalità cinese, è stato denunciato per vendita abusiva di farmaci e frode in commercio. Nel punto vendita, infatti, erano esposti farmaci non autorizzati per la vendita in Italia e così i finanzieri, impegnati in un controllo di routine in zona, sono intervenuti per controllare.

Sono stati perquisiti tutti gli spazi e i locali dell’esercizio commerciale e sono state trovate circa 700mila medicinali: c’erano confezioni di pastiglie, pillole, tisane provenienti dalla Cina, composti di erbe, tutti con etichette solo in cinese e senza traduzione in lingua italiana. Inoltre erano tutti sprovvisti dell’autorizzazione Aic, Autorizzazione per l’Immissione in Commercio, rilasciata dall’Aifa, Agenzia Italiana del Farmaco.