Ci mancava la morale su Djokovic: cari virologi, avete rotto le palle (da tennis)


Cari virologi stavolta ci avete proprio rotto le palle (da tennis): ora esternate e tracimate di dichiarazioni perfino sul caso di Novak Djokovic. Anche meno.

Mai avremmo immaginato che la partecipazione di un tennista a un torneo divenisse una questione di Stato. Un’occasione per  interpellare studiosi competenti di virus, vaccini, microbi e contagi e non di racchette, campi da gioco e, appunto, palle.

La questione ormai è nota anche ai sanpietrini. Il tennista serbo non è vaccinato contro il Covid, non è quindi in regola con i requisiti richiesti per l’ammissione a tornei di altri Paesi. In Italia, invece, potrà venire, alla luce delle nostre leggi e potrà partecipare regolarmente agli Internazionali di tennis di Roma. Lo ha confermato anche la sottosegretaria allo Sport, Valentina Vezzali. Va inoltre tenuto presente che gli internazionali di Roma sono in programma a maggio e green pass e stato d’emergenza saranno, teoricamente, superati.

Non è stato sufficiente. Ora alcuni virologi, pontificano come opinionisti sportivi e quindi pure su Djokovic. Ci mancava solo questo: non bastavano i red carpet a Venezia, le canzoncine, le ospitate nei salotti tv, i libri, i manuali, i prontuari, le raccomandazioni, le foto da sirenetti al mare. No, ora anche i commenti a bar sport.

Da Galli a Gismondo: virologi contro Djokovic

Quindi dobbiamo sorbirci le lezioni di morale e di etica. “Il nostro Paese cos’è? Il ventre molle che dice ‘prego accomodati’? Non va bene. Le regole di salute pubblica vanno rispettate”, attacca all’Adnkronos Salute Massimo Galli. “La posizione di Djokovic è gravissima, per il cattivo esempio che rappresenta. E comunque, se ci si accorge che una regola è sbagliata, si può cambiare”. Così, Pier Luigi Lopalco. E ancora Maria Rita Gismondo: “È assurdo il fatto che lui non si sia vaccinato e che gli diamo la possibilità di giocare, mentre dei bambini non vaccinati non possono andare in palestra”. E ci fermiamo qui. 

Sia chiaro: non conta se la posizione degli illustri luminari sia condivisibile o meno. Il punto è un altro: abbiamo bisogno di uscire dalla sensazione di un eterno commissariamento, con i guardiani della salute pubblica a tenerci d’occhio. Ecco, con rispetto parlando, cari virologi ci avete proprio rotto le palle: da tennis, s’intende.