Claudio Ranieri ufficializza il suo “No” alla nazionale: “Non me la sento”

Claudio Ranieri

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Claudio Ranieri ufficializza il suo “No” alla nazionale: “Non me la sento“. È questa la data che segna la fine, o meglio il mancato inizio, dell’avventura di Claudio Ranieri sulla panchina della Nazionale italiana. Dopo giorni di trattative, tentennamenti e confronti, è arrivata la rinuncia definitiva. Un semplice messaggio, inviato nella notte al presidente della Figc, Gabriele Gravina: “Non me la sento”. Parole secche, prive di enfasi, che chiudono ogni spiraglio a un incarico che Ranieri aveva inizialmente accettato tra domenica 1 e lunedì 2 giugno, salvo poi fare marcia indietro.

Il dietrofront ha lasciato interdetti i vertici della Federcalcio, convinti fino a poche ore prima di avere in mano il nuovo commissario tecnico per guidare l’Italia verso il Mondiale 2026. Ma alla fine ha prevalso un altro vincolo, quello con la Roma.

Il doppio ruolo e i vincoli imposti a Claudio Ranieri

A ostacolare la nomina di Ranieri è stata infatti la sua posizione con il club giallorosso. Ufficialmente, Ranieri è un advisor personale del proprietario Dan Friedkin. Un ruolo che non comporta responsabilità tecniche, ma che mantiene un forte valore simbolico e strategico. Già domenica pomeriggio, Friedkin aveva concesso il via libera alla Figc per intavolare i colloqui, ma aveva posto una condizione chiara: Ranieri non avrebbe dovuto rinunciare al suo incarico nella Roma.

Da qui è cominciata una partita a scacchi. L’ufficio legale della Federazione si è immediatamente attivato, studiando la normativa vigente — in particolare l’articolo 40 del regolamento del Settore Tecnico — e predisponendo un parere legale che potesse rendere compatibili i due ruoli. Un tentativo di trovare un compromesso, per permettere a Ranieri di indossare la maglia azzurra senza spogliarsi del suo ruolo nell’universo giallorosso.

Il memorandum della Figc: un nodo insormontabile per Claudio Ranieri

L’ostacolo più grande, però, è arrivato quando Gravina ha inviato a Ranieri un memorandum con le condizioni richieste per evitare qualsiasi conflitto d’interesse. Un elenco puntuale di limitazioni, che di fatto avrebbero reso impossibile qualsiasi esposizione pubblica associata alla Roma. Ranieri, secondo le prescrizioni, non avrebbe potuto rappresentare il club, partecipare a eventi con la divisa sociale, né farsi vedere al fianco di dirigenti o tesserati.

Un insieme di vincoli che equivalevano a una rinuncia implicita. Troppo, persino per uno come Ranieri, abituato a compromessi e responsabilità. Dopo un colloquio riservato con Friedkin, la scelta è diventata inevitabile: niente Nazionale.

Claudio Ranieri, un sogno svanito prima di iniziare

L’Italia, ancora orfana di un commissario tecnico dopo le dimissioni di Luciano Spalletti, resta quindi senza guida. La pista Ranieri sembrava quella giusta: esperienza, autorevolezza, capacità di tenere insieme lo spogliatoio. Ma il nodo della compatibilità con la Roma si è rivelato insormontabile.

E mentre gli Azzurri faticano sul campo – l’ultima prestazione contro la Moldova è stata tutt’altro che incoraggiante – anche fuori dal rettangolo di gioco la situazione appare confusa. Ranieri ha scelto la coerenza. Ha preferito restare nell’ombra dell’Olimpico piuttosto che esporsi in un ruolo istituzionale troppo compromesso fin dal principio.

Un’occasione persa per tutti

La rinuncia di Ranieri rappresenta un’occasione persa, non solo per la Nazionale, ma anche per il sistema calcio italiano. In un momento storico in cui servirebbe una figura capace di unire, motivare e ricostruire, il rifiuto del tecnico romano appare come un campanello d’allarme. Nessuno, neppure un “Sir” rispettato come lui, è disposto ad accettare un ruolo che comporti più ostacoli che opportunità.

L’Italia ora deve ripartire da zero, a poche settimane dall’inizio delle qualificazioni mondiali. E il nome del nuovo ct è ancora tutto da scrivere.