Conte non consegni a Draghi la lettera dei fratelli Caponi

Un consiglio a Giuseppe Conte per il suo colloquio di oggi con Mario Draghi: eviti di farsi trascinare in una polemica che lo esporrebbe al ridicolo. Almeno per quel che se ne intuisce alla vigilia.
Non siamo iscritti al partito dei detrattori a prescindere dell’ex premier, perché della politica ci piace agire per giudizi e non per pregiudizi. E la voglia di autonomia è un valore per tutti.

“Veniamo noi con questa mia”
Ma questa storia della riunione del consiglio nazionale dei Cinquestelle che dovrebbe preparare una lettera per il premier non si può sentire. Manco si trattasse dei fratelli Caponi (“veniamo noi con questa mia…”).
Un leader ha il dovere di rivendicare la dignità del proprio movimento politico e ci mancherebbe altro. Così come deve pretendere chiarezza dal premier che sostiene.
Ma poi non serve un appunto, una lettera, un foglietto per ricordare a Palazzo Chigi l’esistenza in vita. Tanto più a seguito di un incontro con i suoi seguaci.
Draghi sa già che vuole Conte
Draghi sa benissimo quali sono le richieste che gli farà Conte, se non altro perché sono già state spiattellate sulla gran parte dei giornali. Tra armi all’Ucraina e reddito di cittadinanza, tra superbì is e termovalorizzatore per I rifiuti di Roma, c’è materia per litigare. Non si faccia chiedere “De Masi chi?”.
Basta solo sapere esattamente su che cosa c’è il punto di caduta.
E questo non può deciderlo quella specie di organo politico inventato da poco tempo nei Cinquestelle.
Molti dicono che dal colloquio di oggi passa il destino della legislatura. Difficile crederlo perché stanno tutti aggrappati alla poltrona che non vogliono mollare.
Da tempo Conte avrebbe potuto mollare Draghi: se non lo ha ancora fatto è perché anche lui pensa al proprio destino (non con Santoro, per carità). È una politica che invece campa alla giornata. Da una parte e dall’altra. Per questo quelli come Draghi ci sguazzano.