Coronavirus, al 118 un medico per 1000 chiamate

Centrale 118

Un solo medico per gestire oltre 1000 chiamate al giorno. Un eroe, sicuramente. Ma anche un uomo lasciato solo, come accade agli operatori del 118 da quando è esplosa l’emergenza coronavirus. Poco personale, ambulanze vecchie. E numeri sempre intasati. Per segnalare un’emergenza, o per chiedere la disponibilità per un ricovero immediato. Medici e infermieri del 118 della Regione Lazio sono allo stremo. Soprattutto non sono messi in grado di svolgere al meglio il proprio lavoro. Nonostante questo, continuano a lavorare e a rischiare più degli altri. Per difendere la salute di tutti noi. È quanto racconta in un’intervista a fanpage.it Francesca Perri, sindacalista ANAAO Anmos e vice presidente area centro Italia per la SIS 118.

https://roma.fanpage.it/coronavirus-a-roma-il-118-e-allo-stremo-per-gestire-lemergenza-servono-piu-uomini-e-mezzi/

Un medico per 1000 chiamate. E siamo troppo pochi

Arrivano oltre 1000 chiamate al giorno solo per il coronavirus spiega Francesca Perri, sindacalista e vice presidente regionale del SIS 118. Oltre ad almeno altre mille per casi si emergenza diversi ma comunque gravi. Se si chiama il numero unico per le emergenze 112 non necessariamente risponde un infermiere, e comunque la chiamata viene girata al 118. Dove c’è una linea dedicata solamente al Covid-19 con un medico che può dare consigli. Ecco, è questo il problema. Si tratta di un medico nel senso letterale della parola. Cioè ce n’è uno solo. E immaginate che le telefonate non sono così brevi. La gente deve descrivere i propri sintomi, spesso le persone vanno rassicurate. Alle volte alcuni sono reticenti nel dichiarare le persone frequentate e gli spostamenti effettuati. In ogni caso va fatta una diagnosi telefonica e non è mai facile. Ci vorrebbe molto più personale. Noi ce la mettiamo tutta ma siamo veramente ridotti all’osso.

Linee intasate e poche ambulanze

Le linee dell’emergenza spesso sono intasate, anche se la Regione ha da poco arrivato il numero verde 800 118 800 esclusivamente per il coronavirus. Se l’operatore dall’altra parte della cornetta individua sintomi che potrebbero far sospettare la presenza dell’infezione, viene allertata la struttura medica competente e viene eseguito il tampone. I segnali sono sempre quelli, tosse, febbre oltre 37.5, mal di gola e difficoltà di respirazione. Se il tampone è positivo viene contattato lo Spallanzani per il trasporto. Anche in questo caso le attese al telefono sono lunghissime. E questo vale anche per il personale sanitario sulle ambulanze, non abbiamo una linea riservata. Nel 2004 l’organico del 118 prevedeva 4200 operatori tra medici e infermieri. Dopo i tagli e le esternalizzazioni di questi anni siamo ridotti a poco più di 1700. E oltre la metà degli operatori ormai è over 50.

Se la ridono i privati 

Ma anche per le ambulanze non siamo messi meglio, prosegue Francesca Perri. Solo 230 vetture per tutto il Lazio, 120 nella città di Roma. E dobbiamo anche portarci appresso l’amuchina per sanificare i mezzi dopo ogni corsa. Altrimenti non ci pensa nessuno. A dicembre doveva essere fatto un maxi appalto per le nuove ambulanze, ma per i soliti cavilli burocratici è tutto fermo. E così sono arrivate altre esternalizzazioni. A febbraio per far fronte all’emergenza coronavirus è stato fatto un nuovo affidamento ai privati per sei mesi. Al costo di 16 milioni di euro. Oggi solo la metà dei mezzi di soccorso è dell’Ares, tutto il resto va in convenzione. Almeno forniteci delle ambulanze dedicate solo all’emergenza coronavirus. Ci sembra il minimo, visto che siamo tutti impegnati per limitare il contagio. Anche se quella attuale è senza dubbio una emergenza straordinaria e imprevista, il 118 nel Lazio è al collasso. E bisogna intervenire subito, perché è già troppo tardi.