Crematori, il cimitero romano del Flaminio al collasso: si rischia la paralisi

Crematori in crisi profonda. In tempi di Covid, dobbiamo occuparci anche degli aspetti più sgradevoli. Loculi carenti, manufatti fatiscenti, camere mortuarie piene, forni ovunque sotto stress con tempi di cremazione biblici e file di cadaveri accantonati nelle bare all’aperto al romano cimitero Flaminio. Lo denuncia Giovanni Caciolli, segretario nazionale di Federcofit, Federazione del comparto funerario italiano. Che descrive un sistema in forte difficoltà a partire dal personale, che scarseggia. Tra le conseguenze, il riempimento delle sale mortuarie di cadaveri in attesa di funerale perché non si può concludere un servizio funebre oltre un certo orario”. E poi le cremazioni: Caciolli ravvisa nei forni crematori di tutto il Paese la principale criticità attuale, esasperata dalle morti per covid.
Grave a Roma la situazione dei crematori
“Il forno non è uno strumento elastico. Dunque, su un numero attuale di circa 700 decessi in più al giorno rispetto alla media degli altri anni nel territorio nazionale, l’attività dei forni è certamente sotto stress. Ancora fortunatamente non ci sono criticità, a parte il caso di Roma. Ma la situazione – avverte – ovunque va tenuta sotto controllo”. Per quanto riguarda la Capitale, “è una tragedia. Al cimitero Flaminio si arriva al punto che i cadaveri sono accatastati per giorni all’aperto, all’esterno del forno crematorio. Nessuna delle nostre richieste dallo scoppio della pandemia è stata accolta”. Lo spiega Gianluca Fiori, segretario nazionale Assifur, Associazioni imprese funebri riunite.

Troppo lunghe le attese per le cremazioni
“Le attese per la cremazione sono di almeno venti giorni mentre in qualunque altro comune del Lazio il via libero è immediato. Sarebbe previsto da regolamento un risarcimento per ogni giorno di ritardo di 100 euro, ma i familiari non hanno mai ricevuto nulla. Ed adesso è entrata in vigore una nuova modalità di ricezione delle richieste che stabilisce che entro 5 giorni dal decesso va presentata la domanda”. Come si legge nella circolare, va “inderogabilmente rispettato il giorno prenotato per la fatturazione, pena la salma sarà inumata d’ufficio con successivo addebito dell’operazione”. Le agenzie funebri sono poi “invitate a sottoscrivere una dichiarazione di riconoscimento della salma consegnata dentro un sacco chiuso senza fornirci gli strumenti per poterlo aprire in sicurezza.
La famiglia non può presenziare ai crematori
E la famiglia non può essere presente all’identificazione della salma per le norme covid. Operiamo dunque con documenti, che potrebbero anche essere fasulli ed io potrei anche avere riconosciuto migliaia di falsi”. In questo quadro generale, “quasi ovunque – aggiunge Fiori – non ci sono loculi nuovi ma solo retrocessi, pagati come fossero nuovi. I manufatti sono bui, sporchi. Sono disponibili soltanto le file basse che costano tra i 2mila e i 3 mila euro e per chi non può permettersi di spendere cifre elevate l’alternativa è mettere il proprio caro sottoterra”. Un ordito, secondo il segretario generale di Assifur, con un finale scritto: “I cassamortari sono una categoria defunta”.
(Foto da Vignaclarablog)