Da domani riapre al pubblico l’area archeologica di Santa Croce in Gerusalemme con visite guidate

Da domani la Soprintendenza Speciale di Roma riapre al pubblico l’area archeologica di Santa Croce in Gerusalemme con visite guidate la prima e la quarta domenica del mese. “Un altro importante tassello dell’archeologia a Roma torna finalmente fruibile – spiega Daniela Porro, soprintendente Speciale di Roma–. Il pubblico, attraverso visite guidate, potrà apprezzare la bellezza di un’area che comprende i resti di domus, di un acquedotto, di un circo, di un anfiteatro, di una basilica civile. Ma, grazie alle stratificazioni, potrà soprattutto rivivere un pezzo fondamentale della storia di Roma e per i romani della storia della loro città». L’area archeologica di Santa Croce è un complesso di grande suggestione, che fin dall’epoca augustea, si caratterizzava come un quartiere di grandi dimore private.
Santa Croce, fondamentale nella storia di Roma
Nel corso del III secolo dopo Cristo venne scelto dagli imperatori Severi per edificarvi una sontuosa residenza articolata in vari nuclei monumentali. Nel IV secolo, con Costantino, il complesso, notevolmente modificato, continuava a funzionare come residenza imperiale con il nome di Palazzo Sessoriano, poi lasciato dall’imperatore alla madre Elena. “Questa riapertura è per noi un segno di ripresa – afferma Anna De Santis direttore dell’area archeologica di Santa Croce di Gerusalemme–. In questi mesi abbiamo continuato a fare ricerca e a lavorare per rendere la visita più interessante, a esempio con il restauro della parte di Acquedotto Claudio che costeggia il sito. Presto riprenderemo gli scavi per ampliare il percorso per il pubblico”.

Per Santa Croce passavano tre importanti strade
Destinata fin dal IX secolo avanti Cristo a una funzione prevalentemente funeraria, l’area oggi denominata di Santa Croce in Gerusalemme durante la storia della Roma antica ha avuto diverse funzioni. E un importante sviluppo urbanistico. A partire dal V secolo avanti Cristo, la zona divenne un essenziale snodo di comunicazione grazie alla presenza di tre grandi strade, Labicana, Prenestina e Celimontana. Inoltre, essendo uno dei punti più alti della città, nei secoli vi confluirono ben otto acquedotti, tra cui quello Claudio, la più antica testimonianza monumentale del comprensorio (52 dopo Cristo) ancor oggi visibile. Tra il 42 e il 38 avanti Cristo, nell’ambito di un generale riassetto urbanistico dell’Esquilino, Mecenate trasformò l’area in un quartiere residenziale, con grandi villæ e domus private immerse in vasti giardini (horti).
Nel III secolo dopo Cristo subì importanti modifiche
In particolare, la zona vicina a Porta Maggiore divenne in seguito proprietà della famiglia dei Varii, imparentati con la dinastia dei Severi (horti Variani). Dagli inizi del III secolo dopo Cristo, con l’elezione a imperatore di Sesto Vario Avito Bassiano, detto Elagabalo (218-222 dopo Cristo), gli horti Variani entrarono a far parte del demanio imperiale. Elagabalo modificò la villa dei Varii trasformandola in una sua nuova residenza. Strutturata in nuclei monumentali che facevano perno su un atrio (corrispondente all’attuale basilica di Santa Croce). E connessi tra loro da corridoi articolati all’interno di un vasto parco. Della villa facevano parte l’anfiteatro Castrense e il circo Variano, mentre le terme Eleniane, edificate da Alessandro Severo (222-235 dopo Cristo), erano probabilmente destinate alla fruizione pubblica.
Santa Croce ebbe il suo massimo splendore con Costantino
La dimora imperiale venne ridimensionata dalla costruzione delle mura Aureliane (271-275 dopo Cristo), che sacrificarono il circo e inglobarono l’anfiteatro e la parte residenziale. Con Costantino (306-337 dopo Cristo) la villa conobbe la sua ultima fase di splendore. Fu trasformata in un complesso polifunzionale, noto come Palazzo Sessoriano (che significa luogo di soggiorno imperiale). Protetto su tre lati dalle mura, il complesso era diviso in una parte pubblica (dove spicca la basilica civile nota come tempio di Venere e Cupido). Una destinata agli alloggi della corte (le domus lungo le mura). E infine un settore privato riservato alla famiglia dell’imperatore. Per volere di Elena, madre di Costantino, l’antico atrio della villa severiana divenne una cappella Palatina dedicata al culto della croce di Cristo. Che ancora oggi è praticato nella Basilica.
Nel corso dei secoli subì il degrado, ma chiesa rimase in attività
Il nuovo palazzo doveva essere un vasto complesso polifunzionale esteso su una superficie di circa 122.500 metri quadrati. Una sorta di enclave incastonata nell’angolo sud-orientale delle mura Aureliane. Negli anni successivi, mentre il centro della vita politica e imperiale si era ormai trasferito a Costantinopoli, la zona di Santa Croce ebbe una sorte simile a quella di altre parti della città. Venendo progressivamente abbandonata e destinata a colture. Mentre il palazzo e gli edifici pubblici e privati andarono lentamente in rovina, la chiesa continuò a esistere. Diventando meta di pellegrinaggi e importante centro vitale.