Da Salvatorelli a Calamandrei a Biagi, ecco come reagirono gli italiani all’omicidio di Kennedy

Esce alla vigilia del 60° anniversario dell’assassinio di J.F. Kennedy (22 novembre 1963) il libro “Kennedy, Dallas 1963” a cura di Giovanni Cerutti (Interlinea) che raccoglie gli articoli che le firme del giornalismo italiano scrissero alla notizia della morte di Kennedy. Attraverso le cronache, tra gli altri, di Enzo Biagi, Eugenio Scalfari, Alberto Ronchey, Paolo Monelli, Luigi Salvatorelli e Furio Colombo, Mauro Calamandrei, Giulio De Benedetti, Aldo Garosci, Raniero La Valle, Giuseppe Lazzati, Piero Ottone, Italo Pietra, Alfio Russo, Ugo Stille e Bernardo Valli si delinea una società in piena trasformazione, che sull’onda del recente impetuoso sviluppo economico vedeva nel modello dell’America kennediana una prospettiva positiva e un sicuro punto di riferimento.
La commemorazione di Moro, ucciso 15 anni dopo dai comunisti
In appendice al volume proposti il discorso inedito che il presidente non riuscì a pronunciare al Trade Mart di Dallas e la commemorazione fatta da Aldo Moro alla Camera dei deputati ed è impossibile rileggere oggi quelle parole dello statista della Democrazia cristiana senza pensare a quanto gli sarebbe successo quindici anni dopo con il sequestro e l’uccisione da parte dei terroristi delle Brigate Rosse. “Non conta chi materialmente l’ha ucciso, conta tutto ciò̀ che in questi gesti insani e terribili si nasconde”, ha scritto Raniero La Valle e in più̀ di una cronaca viene ricordato quanto Adlai Stevenson avesse implorato Kennedy di non andare in Texas.

Quel discorso che non pronunciò a Dallas
Quello che aveva colpito tutti nella folgorante immagine della Nuova Frontiera era l’idea che una credibile azione internazionale a favore dei principi liberali dovesse basarsi su una politica interna sulla rimozione delle diseguaglianze sulla centralità dei diritti umani: tutte le diseguaglianze, sociali, etniche, razziali. Infatti “se gli uomini sono uguali, sono uguali sotto tutti i profili”, scrive nella prefazione Giovanni Cerutti, sottolineando l’importanza di tali valori. Sono le istanze che John Fitzgerald Kennedy pose fin dall’inizio alla base del suo programma e che l’esperienza di governo affinò e reso sempre più solide, come appare dalla lettura degli appunti per il discorso che non pronunciò a Dallas e riprodotto nell’ultima sezione del libro.
La Nuova Frontiera di Kennedy
“La Nuova Frontiera per una parte dell’opinione pubblica italiana non era solamente il progetto politico della potenza egemone del blocco occidentale; era soprattutto un sicuro riferimento per l’evoluzione del nostro sistema politico”: nei quotidiani di quei giorni le notizie dell’attentato affiancate a quelle delle trattative per la formazione del nuovo governo e in più di un commento il nesso tra la presidenza Kennedy e la svolta politica in corso richiamato con forza. L’attesa non è solo quella di un mutamento del quadro politico, ma di una modernizzazione complessiva della società italiana. Ma l’assassinio del 22 novembre di 60 anni fa è una doccia fredda sulle speranze di una società migliore.