Decreto Conte lockdown con casino. Regione muta

L’ennesimo decreto varato dal premier Conte ha già sollevato un mare di polemiche. Per la forma intanto, perché l’andazzo preso di comunicare i nuovi provvedimenti via Facebook non piace proprio a nessuno. Tardi, a sera inoltrata. Senza un orario preciso. Senza ricorrere alle reti (magari unificate) della televisione di Stato. Come se fossimo quasi alla sospensione della democrazia. E poi per il fatto che prima arrivano gli annunci, e poi dopo qualche ora i decreti. Ingenerando in tutti ansia, preoccupazione e timore. Come se ci volesse altro stress oltre a quello a cui siamo sottoposti ogni giorno a causa dell’epidemia di coronavirus. Contro l’azione del governo e l’efficacia dei provvedimenti sono insorte praticamente tutte le opposizioni. A cominciare da Fratelli d’Italia, che con Giorgia Meloni ha chiesto la convocazione ad oltranza del Parlamento. Per poter vigilare su quello che succede. E magari dare anche una mano a scegliere meglio, se possibile.

Le 97 attività che ancora funzionano. E il Parlamento?

Sono 97 e oltre le attività che ancora si possono fare in Italia dopo l’ultimo decreto del governo Conte della giornata di ieri. E c’è sempre più confusione. Perché il susseguirsi delle disposizioni crea un grande clima di incertezza. La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni è intervenuta duramente al proposito chiedendo una immediata convocazione permanente del Parlamento. Ipotesi di fatto sostenuta da tutta l’opposizione. Ma la leader sovranista ha anche continuato a chiedere chiarezza verso le imprese. Chi ha appreso domenica sera che lunedì non potrà aprire che fa? Bisogna spengere i macchinari, staccare le utenze. Avvisare i dipendenti. Smaltire le giacenze. Attivare gli ammortizzatori sociali se previsti. E tutto quasi di colpo, un gran pasticcio che si somma all’emergenza di questi giorni.

Le polemiche sul decreto e le ricadute su Roma e sul Lazio

Polemiche quindi a non finire sul metodo e sul merito dell’ultimo decreto Cura Italia varato ieri dal premier Conte e dal suo governo. All’attacco oltre a Fratelli d’Italia anche la Lega, che si è sentita toccata nel vivo. Perché il ministro Boccia per gli Affari regionali ha bacchettato il presidente della Lombardia Fontana. Se avesse aspettato un po’ le misure che ha preso le avrebbe concordate con il governo. Apriti cielo, anche perché Fontana è in prima linea al fronte come tutta la Lombardia. Così il deputato leghista Calderoli ha chiesto le dimissioni di Boccia, già bacchettato per l’episodio della mascherina tolta in conferenza stampa con Borrelli. Ma quali sono le attività che ancora si possono fare? Esattamente 97, che diventano più di cento con quelle che occupano più di un comma del decreto. Il provvedimento punta soprattutto a sospendere la filiera degli altiforni e della metallurgia. Ma i sindacati non ci stanno, e già dicono che ci sono troppe deroghe. E che il testo non doveva uscire così.

Le cento deroghe e il silenzio della Regione Lazio

Un centinaio quindi le deroghe previste dall’ultimo decreto Conte Cura Italia, per garantire i servizi essenziali ma non solo. Oltre alla stretta sulla mobilità privata, perché nessuno si può allontanare dal comune dove si trova. Si trovano le attività legate alla salute, alla filiera agroalimentare, ai trasporti pubblici essenziali e alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti. Ovviamente aperti supermercati e farmacie. A Roma e nel Lazio il trasporto urbano e regionale avviene già ad orario estivo e con frequenze ridotte, dunque tutto fermo dopo le 21. Stessa cosa per i supermarket, aperti dalle 08.30 alle 19 dal lunedì al sabato. Mentre domenica chiudono alle 15. Aperti studi medici e laboratori  dentistici, per le urgenze e con tutte le precauzioni del caso. Sarà possibile andare dal ferramenta e riparare la propria auto se si è rotta. Se è urgente e serve per lavoro. Previste deroghe per chi produce plastica, provette di vetro, materiale utile a fini sanitari. E per le attività professionali, scientifiche e tecniche. Aperti giornalai e tabaccai, confermati al lavoro portieri e colf. Infine le Poste effettueranno dei turni per chi deve ritirare la pensione, estraendo la lettera da cui si parte e comunicandolo all’utenza. Un lock down all’amatriciana quindi con il rischio di doverci rimettere ancora mano. E una Regione Lazio che a differenza di Lombardia, Piemonte e Veneto non si sente. Contando sulla buona stella, e che passi presto la nottata. Troppo poco, per tutelare la salute di tutti.