Dopo 19 anni ha riaperto alle visite il Museo delle Navi romane a Fiumicino.

Il museo delle Navi romane, allestito all’interno del Parco archeologico di Roma antica, ospita una delle più importanti collezioni di navi romane del Mediterraneo.  Sono 5 i relitti principali che formano un insieme di eccezionale valore storico.

Il museo è aperto dal martedì alla domenica ore 10.00-16.00, è chiuso il lunedì, il 1° gennaio e il 1° maggio, il 25 dicembre. Non è prevista prenotazione; non è possibile richiedere l’accesso per gruppi in giornate diverse da quelle indicate. Il personale di vigilanza offre servizio di orientamento e di accoglienza al pubblico. Con un apparato multimediale di informazioni e accoglienza in via Alessandro Guidoni, a poca distanza dall’aeroporto.

Per informazioni: 06 6529192. Lo spazio ampio consente il distanziamento sociale come da norme anti Covid-19, obbligatorio uso di mascherine e Green pass.

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Le navi

Ai cinque relitti che formano il corpo principale del museo si aggiunge una selezione di materiali sulla struttura e sul funzionamento delle navi. Ma anche sulla vita di bordo, sulla struttura portuale, sui commerci. Sono tre le imbarcazioni fluviali presenti nel museo. Che  erano impiegate per il trasporto delle merci lungo il Tevere tra Portus e Roma. Poi una nave da trasporto marittimo e una delle rare barche da pesca conosciute di età romana il cui uso è certo, dotata di un acquario centrale per conservare vivo il pescato. Il Museo occupa inoltre una posizione particolare nel panorama dei musei europei di navi antiche. E’ stato realizzato infatti nel luogo stesso in cui le navi sono state ritrovate, all’interno dell’antico bacino portuale di Claudio e Traiano, il Portus Ostiensis Augusti. Il più grande porto dell’impero romano.

La storia

Furono i lavori per la costruzione dell’aeroporto “Leonardo da Vinci” e della connessa viabilità che portarono, a partire dal 1957, alla scoperta degli imponenti resti della parte nord del porto imperiale, visibili vicino al museo. Tra questi il molo monumentale settentrionale e la cd. “Capitaneria”. Dove  si conserva una volta dipinta con l’unico affresco in cui è rappresentato il faro di Portus.

Il moderno hub aeroportuale del Paese poggia dunque sull’antico hub dell’impero romano, confermando la continuità della vocazione all’apertura al mondo di questo territorio. Nel corso delle ricerche vennero scoperti i resti di otto imbarcazioni. L’ultimo scafo recuperato, quello della cosiddetta Fiumicino 4, apparteneva a un piccolo veliero destinato probabilmente al commercio regionale lungo costa. Un ulteriore relitto (Fiumicino 8) non venne scavato a causa del pessimo stato di conservazione.

Le condizioni ambientali hanno permesso che delle navi si conservassero le strutture del fondo (chiglia e carena) che, impregnate d’acqua, furono sigillate dai depositi di limo e sabbia determinati dal processo di interramento dell’intero bacino portuale. I relitti giacevano a ridosso del molo settentrionale del porto di Claudio, un’area marginale del bacino in cui venne a crearsi un vero e proprio “cimitero” nel quale le imbarcazioni troppo vecchie o malridotte per prestare ancora servizio venivano di fatto abbandonate. (

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Da hangar a museo

L’hangar dove furono conservate inizialmente le navi e i vari relitti  venne in seguito trasformato in museo, aperto al pubblico nel 1979 con un allestimento decisamente avanzato per l’epoca. Con l’evoluzione delle normative si rivelarono però i limiti di un progetto strutturale a basso costo e il museo venne chiuso nel 2002. Ebbe così inizio una lunga serie di interventi sull’edificio, tuttavia non utili a creare le condizioni per la riapertura del Museo, rimasto chiuso per quasi vent’anni, fino a quando un finanziamento in capo ai Grandi Progetti Strategici del MiC ha permesso di realizzare il nuovo allestimento.

La realizzazione del nuovo Museo ha segnato un impegno importante del Parco archeologico di Ostia antica e una crescita molto significativa del rapporto con il Comune di Fiumicino e con Aeroporti di Roma, che hanno collaborato alla realizzazione dell’opera nel comune intento di sviluppo culturale del territorio del litorale romano. Altrettanto importante è stata la collaborazione scientifica del Centre Camille-Jullian (CNRS, Aix Marseille Université), della British School at Rome, della University of Southampton, della Universidad de Huelva.