È morto il pittore Achille Pace: è stato un gigante dell’arte italiana

Achille Pace

Il pittore Achille Pace, tra i protagonisti italiani della sperimentazione dell’arte informale e poi di una ricerca personale legata alla cosiddetta “poetica del filo”, è morto ieri a Roma all’età di 98 anni.

Il funerale si terrà sabato 2 ottobre, alle ore 11.30, nella Chiesa degli Artisti, in piazza del Popolo a Roma, come ha annunciato la famiglia. Era nato a Termoli (Campobasso) il 1° giugno 1923 e nel 1935 la sua famiglia si trasferì a Roma. Influenzato dall’Action Painting, il suo lavoro è segnato dal ricorso al filo e ad altri materiali tessili come strumento d’espressione, unendo la pittura alla tecnica dell’assemblage. Già nel 1957 sono presenti quadri che usano il filo su sfondo monocromo.

Achille Pace fu animatore del Gruppo Uno

Tra il 1962 e il 1964 Pace fece parte del Gruppo Uno con Nato Frascà, Nicola Carrino, Giuseppe Uncini e Gastone Biggi: si proponeva con il superamento delle correnti informali la ricostituzione in termini razionali dei linguaggi visivi, attraverso precise proposte per la ricerca con nuovi materiali su strutture geometriche di valore percettivo e attraverso un attento riesame del rapporto artista-società. Successivamente Pace si è rivolto al recupero della materia. Dopo essere stato invitato alla Biennale di Venezia (1980-82) e alla Quadriennale di Roma. Nel 1960 fondò il Premio Termoli per rendere onore alla sua città natale. Le sue opere sono state presentate in importanti mostre antologiche come “Orientamenti dell’arte italiana: 1947-1989” a Mosca e Leningrado; “Linee della ricerca artistica in Italia 1960-1980” al Palazzo delle Esposizioni di Roma; “Contemporary Italian Art” all’Akron University dell0 Ohio (Usa); “Gruppo Uno e gli anni ’60 a Roma” nella Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Termoli.

Una voce nella Treccani, certifica la sua grandezza

L’opera di Achille Pace, citata anche sulla Treccani, ha come premessa l’autonomia cromatica degli espressionisti tedeschi e i problemi segnici di Paul Klee espressi dapprima attraverso la “gettata di colore” e poi attraverso l’elaborazione di un personale linguaggio incentrato sull’utilizzazione entro spazi per lo più neutri (neri, grigi, azzurri, bianchi, rossi) di un filo di cotone che, come un guizzo di luce, definisce e circoscrive lo spazio percettivo della visione. Il filo è la sigla maggiore del lavoro di Pace ed è espressione di una concezione spaziale tesa a chiarire i rapporti tra gesto e materia, tra condizione e simbolo del colore. Una ricerca incentrata più che sulla rivalutazione delle forme primarie, propria della grande tradizione astratta, sul valore della ‘forma’ snaturata della sua essenza e della sua presenza, ma rivelata come ipotesi reale di una dimensione altra. Una ricerca alla quale Pace ha dedicato oltre 50 anni della sua vita e che ha continuato a sviluppare e sperimentare percorrendo nuovi percorsi cromatici e formali nei quali la “poetica del filo” è stata proposta in infinite varianti.