Esplode la povertà dopo-Covid in Italia: ora le famiglie indigenti sono oltre due milioni

pasqua in povertà (2)

Esplode la povertà in Italia col Covid: ben 344.000 famiglie in più sono entrate in una situazione di disagio economico e sociale, durante la pandemia. A causa degli effetti delle restrizioni alla mobilità oltre che alle attività commerciali e produttive. Complessivamente, nel 2020 i nuclei familiari definiti poveri hanno superato, per la prima volta negli ultimi anni, quota 2 milioni. In crescita del 20% rispetto al 2019, quando erano 1 milione e 674mila. E’ boom al Nord, ma aumenti anche al Centro (+21,5%), con una crescita di 52mila nuclei familiari in più, e al Sud (+9%).

Unimpresa: preoccupante avanzata della povertà in Italia

È quanto emerge da una analisi del Centro studi di Unimpresa. La pandemia ha provocato una impennata di crisi e difficoltà. Per la prima volta le famiglie povere salgono sopra quota 2 milioni. Nel 2016 erano 1,6 milioni, nel 2017 erano salite a 1,7 milioni, nel 2018 erano aumentate ancora a 1,8 milioni e nel 2019 erano scese a 1,6 milioni. “Ecco il conto, drammatico, che ci aspettavamo. Come sosteniamo da oltre un anno, il governo si è concentrato sulle misure sanitarie mentre gli interventi a sostegno di imprese e cittadini sono stati pochi, arrivati col contagocce.

Il governo non ha fatto abbastanza contro la povertà

Anche l’esecutivo guidato dal professor Mario Draghi non ha messo in campo quanto necessario per sostenere le famiglie. Per tenere sotto controllo l’occupazione aiutando le imprese, soprattutto quelle più piccole, a restare in piedi”, commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. Secondo l’analisi del Centro studi di Unimpresa nel 2020 le famiglie in povertà sono aumentate di 334.000 unità (+20%) passando da 1 milione e 674mila del 2019 a 2 milioni e 8mila.

Al termine del blocco dei licenziamenti sarà la catastrofe

“Il governo sostiene che il Piano nazionale di ripresa e resilienza, finanziato dagli oltre 200 miliardi di euro del Recovery Fund, possa dare la necessaria spinta alla nostra economia. Noi pensiamo che molto di più andava fatto nei mesi scorsi e temiamo che, al termine del blocco dei licenziamenti, ci troveremo di fronte a una emorragia di posti di lavoro impossibile da arginare. Senza prospettive e certezze, del resto, le aziende del nostro Paese non possono pagare stipendi accumulando perdite”, aggiunge il presidente di Unimpresa.