Fondi pubblici al Roma Pride, l’accusa della Lega: “Gualtieri sul carro col tricolore, 80 mila euro dei cittadini per la sfilata senza voto in Aula”

La fascia tricolore sul carro del Roma Pride e 80mila euro di fondi pubblici stanziati senza passare dall’Aula. Il bersaglio politico, ancora una volta, è il sindaco Roberto Gualtieri. A puntare il dito è Fabrizio Santori, capogruppo della Lega in Campidoglio, che denuncia una “gestione opaca e ideologica” delle risorse comunali. Sul banco degli imputati non c’è il Pride in sé — che continua a essere una manifestazione importante per i diritti civili — ma le modalità con cui è stato finanziato, attraverso una delibera di Giunta che, secondo l’esponente leghista, avrebbe bypassato ogni confronto democratico.
La delibera sotto accusa e il “precedente” pro-Europa
Fermo restando che l’obiettivo non è mettere in discussione il manifesto arcobaleno o la parata in sé (il Pride viene difeso come uno strumento fondamentale di visibilità e inclusione), al centro delle polemiche c’è la delibera 206 del 29 maggio 2025, con cui il Campidoglio ha autorizzato Zètema a versare 80mila euro al Circolo di Cultura Mario Mieli, storico organizzatore del Roma Pride. Secondo Santori, si tratterebbe di una “manovra costruita su misura” per evitare il passaggio in Assemblea Capitolina e decidere in solitaria l’erogazione dei fondi. Il leghista collega l’episodio a un altro recente finanziamento — i 350mila euro per la manifestazione pro-Europa — parlando di un “sistema parallelo” che consentirebbe di aggirare ogni verifica pubblica.

“Stop alla costruzione di un sistema parallelo per elargire fondi senza controllo democratico”, tuona Santori. “La delibera di Giunta 206 del 29 maggio 2025 è scritta su misura per umiliare le istituzioni in nome della propaganda politica perché permette di eludere il ruolo dell’Assemblea Capitolina e di avere subito la possibilità di destinare fondi, tramite Zètema, senza bandi pubblici”.
Accuse e fratture sulle sponsorizzazioni
A rendere il contesto ancora più spinoso è il fatto che le critiche non arrivano solo dalla destra. Anche all’interno delle stesse realtà LGBTQIA+, nei giorni scorsi, si sono levate voci contrarie alla gestione del Pride, in particolare sul fronte delle sponsorizzazioni private e sulla piega che l’evento avrebbe preso negli ultimi anni. Una parte della comunità ha espresso disagio verso l’eccessiva commercializzazione della manifestazione, che rischia — secondo i detrattori — di snaturare il significato originario della lotta per i diritti.
La Lega: “Stop a fondi elargiti senza controllo democratico”
Per Santori, questo è il vero punto politico: il problema non è il Pride, ma il fatto che il Comune stia utilizzando risorse pubbliche per sostenere eventi ideologicamente connotati, aggirando ogni discussione trasparente. “Se è così importante – dice – si convochi l’Aula, si voti, si decida tutti insieme. Ma non si usino scorciatoie tecniche per evitare il confronto con i cittadini e le opposizioni”.
Gualtieri nel mirino: “Terzo sindaco a sfilare col tricolore”
Infine, Santori punta il dito contro la presenza del primo cittadino alla manifestazione: “Dal 1994 a oggi, Gualtieri è solo il terzo sindaco a partecipare ufficialmente al Pride romano”, sottolinea. Un gesto che, secondo il consigliere, non può essere letto come atto istituzionale, ma come adesione politica a un evento “di parte”.
In attesa che la questione venga portata in Aula, Santori promette battaglia: verifiche, interrogazioni e richiesta di sospensione immediata della delibera. Intanto, il caso accende un nuovo fronte caldo nella Capitale, dove il dibattito su come — e perché — si finanzino certe manifestazioni sembra destinato ad allargarsi ben oltre i confini del Pride.
