Fregene, sulla stabilimento la ‘stangata’ del Comune: “50mila euro di spese extra” per la concessione

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha messo la parola fine alla lunga battaglia legale tra la società M., titolare dello stabilimento balneare “Il Miraggio” a Fregene, e il Comune di Fiumicino. Con una decisione netta, i giudici hanno rigettato il ricorso dell’azienda balneare, confermando la legittimità della richiesta comunale di oltre 52mila euro come canone demaniale per l’anno 2020, nonostante l’emergenza pandemica e i mesi di inattività.
La società M. aveva chiesto l’annullamento dell’ordine di pagamento notificato via PEC il 21 settembre 2020, sostenendo che l’importo richiesto fosse illegittimo, sproporzionato e non in linea con le norme nazionali e regionali che prevedono riduzioni in caso di eventi eccezionali.

Fregene, nessuna riduzione per lo stabilimento causa Covid
Il cuore del contenzioso era la mancata applicazione della riduzione del 50% del canone per l’anno 2020, richiesta dalla società sulla base della crisi dovuta al Covid-19. Il TAR ha però stabilito che la normativa in vigore non consente un’interpretazione estensiva che includa anche i danni economici indiretti della pandemia.
Secondo i giudici, la riduzione è concessa solo in presenza di un danno fisico al bene in concessione — come erosione della spiaggia o altre modifiche materiali — e non per “circostanze esterne che incidano sulla redditività dell’attività”. In altre parole, le restrizioni dovute alla pandemia, pur avendo avuto un impatto sulla stagione balneare, non costituiscono motivo sufficiente per ottenere sconti sul canone demaniale.
La sentenza evidenzia anche come il legislatore abbia espressamente escluso il Covid-19 tra gli eventi che danno diritto a una riduzione automatica del canone, preferendo intervenire con altri strumenti di sostegno economico previsti dal decreto-legge 104/2020.
Opere e pertinenze, nessuno sconto: Fregene bacchetta lo stabilimento
M. contestava anche la classificazione, da parte del Comune, di alcune strutture dello stabilimento come “pertinenze demaniali” e dunque incluse nel computo per il calcolo del canone. L’azienda sosteneva che si trattasse di opere costruite a proprie spese e su cui vantava diritti di superficie.
Il TAR ha però ribadito che, in base agli atti di concessione, tutte le opere di difficile rimozione realizzate nell’area appartengono allo Stato, rendendo irrilevante il fatto che siano state costruite dal concessionario. L’argomento della società è stato dunque respinto, confermando che il valore complessivo su cui è stato calcolato il canone è corretto.
Valori OMI e attività commerciale
Altro nodo del ricorso era l’uso dei valori OMI (Osservatorio del Mercato Immobiliare) commerciali per determinare il canone, invece di quelli terziari, più favorevoli. M. sosteneva che l’attività prevalente nello stabilimento fosse di tipo “servizi”, e non “commerciale”.
Anche su questo punto il Tribunale ha dato torto alla società, ricordando che bar e ristoranti annessi agli stabilimenti balneari rientrano a pieno titolo nelle attività commerciali, poiché generano reddito. È quindi legittima, secondo la sentenza, l’applicazione dei valori OMI commerciali, in linea con la giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato e del TAR Lazio.
La posizione del SIB
Sul caso è intervenuto anche il Sindacato Italiano Balneari (SIB), che ha commentato: “Questa sentenza conferma una preoccupante rigidità nell’applicazione delle regole da parte degli enti locali e dei giudici. In un momento storico in cui le imprese del turismo hanno subito gravi perdite economiche, ci si aspettava maggiore flessibilità. La pandemia ha colpito duramente il settore balneare e l’assenza di uno sconto sui canoni demaniali è l’ennesimo colpo per operatori già provati. Chiediamo con urgenza un tavolo tecnico con Regione e Governo per rivedere i criteri di calcolo e le modalità di riscossione dei canoni.”
Uno scenario allarmante per i balneari
Il caso di Fregene è emblematico di una tensione crescente tra imprese balneari e pubblica amministrazione. Concessionari che si trovano a dover far fronte a richieste economiche giudicate insostenibili in un contesto di crisi e incertezza normativa. La sentenza del 9 maggio 2025 conferma la tendenza dei tribunali a leggere le norme in modo restrittivo, lasciando poco margine alle aziende per ottenere agevolazioni, anche in situazioni straordinarie come quella vissuta nel 2020.
Con oltre 50mila euro da versare e nessuna riduzione riconosciuta, per M. e per altri operatori del litorale il conto è amaro. Il timore, ora, è che questa decisione fissi un precedente destinato a pesare su tutto il comparto balneare del Lazio. La società M. ha facoltà di presentare ricorsi contro tale sentenza al Consiglio di Stato, secondo grado della Giustizia amministrativa.
