Frosinone, arrestato un consigliere provinciale: accusato di truffa e peculato

Un terremoto giudiziario scuote la provincia di Frosinone. La Guardia di Finanza ha eseguito un’ordinanza cautelare nei confronti di un consigliere provinciale, già presidente della XV Comunità Montana di Arce, accusato di truffa e peculato. Il politico non potrà più dimorare nelle province di Frosinone e Latina ed è obbligato a presentarsi regolarmente davanti alla polizia giudiziaria. L’indagine, coordinata dalla Procura di Cassino, porta alla luce un sistema ramificato che avrebbe trasformato fondi pubblici in risorse private al servizio della carriera politica di un singolo uomo.
Appalti gonfiati e cooperative compiacenti
Il cuore dell’inchiesta riguarda affidamenti diretti e appalti per circa 90.000 euro concessi, dal 2019, a una cooperativa di Anagni. Quei fondi, ufficialmente destinati a progetti di promozione e sviluppo territoriale, sarebbero stati dirottati verso tutt’altro: sei persone assunte con incarichi occasionali, invece di occuparsi di interventi pubblici, avrebbero lavorato come segreteria personale del consigliere. Compiti elettorali, organizzazione di eventi politici e attività di propaganda avrebbero preso il posto di progetti mai realizzati o solo abbozzati. Per dare una parvenza di regolarità, sarebbero stati compilati documenti e relazioni false.

Le campagne elettorali pagate con i soldi pubblici
L’inchiesta non si ferma al passato. Anche nel 2023, in occasione delle elezioni regionali del Lazio, delle provinciali di Frosinone e delle comunali di Arpino, lo schema si sarebbe ripetuto. Questa volta attraverso contratti di lavoro a termine stipulati con società partecipate della Provincia – tra cui APEF e Frosinone Formazione Lavoro – e con la Fondazione Logos P.A. Tre lavoratrici, remunerate complessivamente con circa 45.000 euro, non avrebbero svolto alcuna attività istituzionale, ma sarebbero state utilizzate esclusivamente come segretarie personali e collaboratrici politiche. Una distorsione grave: stipendi pubblici spesi per costruire consensi privati.
Rimborsi legali gonfiati e spese mai sostenute
Le indagini hanno inoltre portato alla luce un ulteriore capitolo: il rimborso di spese legali non dovute. Dopo un’assoluzione in un procedimento penale, il consigliere avrebbe chiesto alla Comunità Montana il rimborso di parcelle non spettanti. Un avvocato di fiducia, anch’egli indagato, avrebbe emesso fattura per prestazioni mai effettuate integralmente, coprendo spese già sostenute da altri legali che in realtà non erano stati retribuiti. Un meccanismo che, secondo gli inquirenti, avrebbe permesso di drenare denaro pubblico sotto la veste ingannevole di costi giudiziari.
Auto blu e carburante per fini privati
Non solo stipendi e fatture. Dalle verifiche della Guardia di Finanza emergono anche episodi di peculato legati all’uso personale delle auto di servizio della Comunità Montana. Due vetture e relative schede carburante sarebbero state utilizzate dal consigliere durante le campagne elettorali. Un dettaglio che, se confermato, confermerebbe la tendenza a considerare il patrimonio pubblico come un serbatoio da cui attingere senza limiti, confondendo l’interesse collettivo con quello privato.
Una misura cautelare che pesa come un macigno
Il 25 luglio 2025, davanti al GIP di Cassino, il politico è stato sottoposto a interrogatorio preventivo. Da lì è scattata la misura cautelare: divieto di dimora e obbligo di firma. Un provvedimento che arriva mentre il procedimento è ancora nella fase delle indagini preliminari, con altri cinque soggetti coinvolti. Le difese avranno modo di presentare le proprie ragioni, ma il quadro delineato dalle carte appare già grave e articolato.
L’azione della Procura e il diritto dei cittadini a sapere
La Procura di Cassino ha scelto di rendere pubblica l’operazione, richiamando il diritto dei cittadini a conoscere come vengono spesi i fondi pubblici e sottolineando l’impegno delle forze dell’ordine nel contrasto ai reati contro la Pubblica Amministrazione. In un territorio che lotta da anni contro clientelismi e cattiva gestione, il caso diventa simbolico. Le accuse – truffa e peculato – non sono semplici errori amministrativi, ma colpiscono al cuore la fiducia nelle istituzioni locali.
Una ferita aperta nella politica ciociara
L’arresto di un consigliere provinciale non è solo un fatto giudiziario. È il segnale di una malattia profonda che ancora corrode la politica territoriale: l’uso distorto del denaro pubblico come strumento di potere personale. Se le accuse troveranno conferma in aula, si tratterà dell’ennesima dimostrazione di come le istituzioni possano essere piegate agli interessi di pochi, tradendo la fiducia di un’intera comunità. Un’inchiesta che, a prescindere dall’esito, lascia già oggi una ferita aperta nella credibilità delle amministrazioni locali.