Garante sotto accusa: la diffida a Report, il “vado da Arianna” e la multa da 150 mila euro. PD e M5s chiedono le dimissioni
C’è un corto circuito tra autorità pubbliche, interessi politici e diritto all’informazione. Quando il custode della privacy della Repubblica invia una diffida per stoppare una puntata che lo riguarda e, nello stesso arco di tempo, risulta avere avuto contatti con esponenti del partito di governo, il dibattito pubblico non può limitarsi alle scuse di rito. È quello che sta accadendo attorno ad Agostino Ghiglia, membro del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali, alla trasmissione Report e, per estensione, al cerchio familiare che si stringe attorno alla premier. La vicenda non è una querelle tra giornalisti e regolatori: mette in gioco autonomia, fiducia nelle istituzioni e il confine fra interesse pubblico e protezione dei dati personali.
La diffida, la puntata e il sospetto del conflitto di interessi
Se fosse un film, sarebbe un noir con la sceneggiatura scritta male. Un giudice della privacy che corre a salutare la sorella della premier, poche ore prima di infliggere una sanzione salata a un programma che ha messo in scena l’imbarazzo di un ministro. Poi il tentativo goffo di imbavagliare la redazione con una diffida. Infine la politica che chiede le teste, ma con la stessa foga con cui spesso tutela gli amici.
Ghiglia contesta la presunta acquisizione illecita di dati e chiede la cancellazione di materiali sui social. L’atto formale, che molti hanno letto come un tentativo di imbavagliare l’inchiesta, non ha impedito alla Rai di mandare in onda la puntata, dopo il via libera degli uffici legali. La scelta dell’emittente di proseguire è stata anche la scelta di difendere il diritto di cronaca.
“Domani vado da Arianna”
Il documento forse più imbarazzante per Ghiglia è una mail interna in cui il membro del Garante scriverebbe ai suoi uffici la frase “Domani vado da Arianna”. La visita, ricostruita e mostrata dalla trasmissione Report, sarebbe avvenuta in via della Scrofa, sede romana di Fratelli d’Italia, poche ore prima della decisione che ha portato alla multa di 150mila euro a Report per la diffusione di una conversazione privata. Ghiglia sostiene che era un saluto casuale e che la tappa era legata a impegni editoriali. E minimizza: “Sono andato da Bocchino per il libro”, “l’ho salutata per caso”, “non sono obbligato a spiegare i miei incontri”. Per molti osservatori, la concatenazione temporale è però inaccettabile. Perché sarebbe avvenuto nella sede di Fratelli d’Italia il 23 ottobre, poche ore prima della decisione che ha portato alla sanzione.
E la sanzione non è da poco. Si tratta di una multa da 150 mila euro che il Garante ha inflitto a Report per la diffusione dell’audio della telefonata fra l’ex ministro Gennaro Sangiuliano e la moglie Federica Corsini, decisione che ha già acceso il dibattito sul confine tra interesse pubblico e tutela della corrispondenza privata. Il provvedimento sanzionatorio, ufficializzato dallo stesso Garante, pesa come un macigno nelle decisioni successive e rende il ruolo di chi applica la legge ancora più delicato.
I documenti e i passaggi chiave
Ieri sera, malgrado la diffida da parte di Ghiglia, Report ha portato in onda video, mail e comunicazioni interne che, pezzo dopo pezzo, compongono una ricostruzione serrata. Tra i passaggi più significativi ci sono l’evidenza dell’ingresso di Ghiglia in via della Scrofa, il riferimento esplicito alla mail interna e la ricostruzione dei tempi che collegano quelle visite alla procedura sui reclami relativi alla diffusione dell’audio. La trasmissione ha mostrato anche scambi che, letti insieme, suggeriscono un’attività amministrativa accelerata per mettere in cima alla lista reclami che poi hanno avuto cura di essere trattati. L’insieme dei documenti non prova automaticamente un illecito penale, ma solleva un problema politico e istituzionale: la percezione di conflitto di interessi non è un dettaglio da ignorare.
E subito è scattata, anche sulla scia della convenienza politica, l’isteria morale delle opposizioni. Pd e M5S chiedono le dimissioni. “Ghiglia deve dimettersi”, “è venuta meno la credibilità dell’Autorità”. Le critiche vanno oltre il semplice schieramento. Affermano che un garante che entra in zone politiche e poi emette provvedimenti che toccano platee giornalistiche perde la propria neutralità. La pressione politica è legittima: quando l’istituzione che deve proteggere i diritti appare contaminata, la risposta richiesta è politica e non soltanto giuridica.
Sovrapposizioni pericolose: il caso “villa/villino”
A peggiorare il quadro arriva un’altra inchiesta, quella di Domani, che solleva dubbi sull’accatastamento dell’abitazione della premier Giorgia Meloni e sulle conseguenze fiscali dei relativi atti. Un caso che, anche se distinto, rende il dibattito più pesante, suggerendo che modalità burocratiche possano aver determinato vantaggi fiscali non irrilevanti alla Meloni. Anche questo episodio alimenta quel clima di sospetto che rende più fragili le istituzioni. E la domanda, a questo punto, sorge spontanea: chi controlla i controllori?