Giulia Capraro morta a 17 anni in un incidente a Marino, la mamma: “La Magistratura tace, così la stanno uccidendo di nuovo”

La fine della scuola, la voglia di festeggiare, l’aria dolce dell’estate. E poi quel terribile incidente, che ha messo fine a tutto: ai sogni, alle risate, ai progetti. E alla vita di Giulia Capraro, morta a soli 17 anni, la sera del 13 giugno 2023, ai Castelli Romani.
Quel giorno Giulia era a bordo di una Renault Clio con un suo amico, sul sedile del passeggero e aveva la cintura allacciata. Stava andando a Castel Gandolfo per partecipare alla festa di fine anno del Liceo Ugo Foscolo, ma non ci è mai arrivata. Ha perso la vita a Marino, in viale Bruno Buozzi.

È lì che il ragazzo alla guida ha perso il controllo dell’auto, mentre un’altra macchina è finita addosso a loro, proprio sul lato passeggero, dove stava Giulia, che non ha avuto scampo. “Era la mia unica figlia, avevo solo lei – dice Antonella Zevini, la mamma di Giulia, ai nostri microfoni – e voglio sapere cosa è successo quella sera. Come e perché mia figlia è morta: e lotterò fino a quando non avrò la verità”.
“La giustizia mi ignora. E intanto Giulia muore ogni giorno un po’ di più”
“Non avrei mai pensato che il mio antagonista sarebbe stato lo Stato, la Magistratura. Ma a quanto pare è così, perché non ricevo risposte. Non è stata nemmeno fissata la prima udienza. E quello che desidero, l’unico mio desiderio da madre, è sapere quando finirà questa agonia, quando potrò iniziare ad affrontare davvero il mio lutto”.
Antonella racconta con lucidità e rabbia il suo calvario giudiziario, fatto di attese e silenzi. “Ho la fortuna – dice – di potermi permettere economicamente e culturalmente di combattere, di andare a fondo. Cosa che, purtroppo, centinaia di genitori italiani che come me hanno perso un figlio a seguito di un incidente non possono fare. Ma è una battaglia estenuante. Quello che vorrei è la ricostruzione della verità da parte della Magistratura. Chiunque abbia sbagliato, nella fase di indagini o successivamente, se ne dovrà fare carico. È la terza estate che mia figlia si trova dentro a un fornetto. E prima di quel posto si trovava nel sedile da passeggero di un’auto, con la cintura allacciata: non aveva nessuna colpa. E non deve pagarne. Quindi: perché non riesco a sapere cosa è successo esattamente quel giorno? Perché? Si sta coprendo qualcuno?”.
“Perché fare l’autopsia a mia figlia, se non guidava lei?”
Antonella vuole fare chiarezza. Perché nella vicenda della morte di sua figlia ci sono troppi punti oscuri. “Mi sento invisibile, ignorata, umiliata, trasparente. Ci sono troppe cose strane, in questa vicenda. Mia figlia non si è uccisa da sola, non è morta per una malattia. Ho diritto di sapere perché, come e per colpa di chi è morta. Anche l’autopsia, poi… Non era lei a guidare. Ma gli avvocati dell’indagato hanno fatto richiesta dell’autopsia, anche se non sarebbe stata necessaria. Il medico legale della Magistratura, visto che Giulia era passeggera, giustamente non l’aveva ritenuta necessaria. Ma le richieste dei responsabili sono state accolte, mentre alle mie istanze non c’è stata nessuna risposta. È stato uno strazio dover vedere anche i grandi nodi delle cuciture sul corpo di mia figlia prima di chiudere la bara… Nonostante Giulia fosse una diciassettenne sana, seduta su un’auto coinvolta in un incidente mortale. Perché?”.
Ma non è l’unico punto oscuro. “Non è stato fatto l’alcol test al conducente dell’auto ragazzo che era alla guida della macchina su cui viaggiava Giulia. Ma solo al conducente dell’altra macchina. E perché nessuna acquisizione dei filmati delle telecamere di sorveglianza? Perché non è stato sequestrato il cellulare dell’indagato?”.
“Mia figlia è morta a 24 ore da Manuel. Ma a lui giustizia è già stata fatta”
La voce di Antonella si spezza quando fa un confronto che brucia. “Giulia è morta a 24 ore di distanza da Manuel, il bambino di 5 anni investito da uno YouTuber in Lamborghini a Casal Palocco, durante una challenge. In quel caso, complice forse la notorietà dell’investitore, per lui c’è stato il giudizio immediato. E sono davvero contenta per loro, pur nell’immensa disgrazia che gli è capitata. Per mia figlia, invece, ancora non si riesce neanche a fissare neanche la prima udienza. Allora devo credere che ci siano morti di serie A e morti di serie B?”.
“Mia figlia è stata cancellata”
“La pm Francesca Fraddosio non mi ha permesso l’accesso agli atti, nemmeno dopo la conclusione delle indagini, avvenuta a luglio 2024. Ho presentato istanze scritte tramite la mia avvocata, Ilaria Cavallin, ma non abbiamo mai ricevuto risposta”.
E intanto, la verità resta nascosta tra le pieghe di una giustizia lenta, sorda, muta. “So che quello di Giulia non è ‘sangue fresco’ – dice Antonella – ma io parlo per il futuro di tutti. Perché purtroppo ci sono tanti ragazzi che, come mia figlia, muoiono sulle strade. Dobbiamo impedire che queste morti restino senza colpevoli. E dobbiamo impedire che altre famiglie vivano l’inferno giudiziario che sto vivendo io”.
“La macchina non era nemmeno in condizioni di circolare”
Una delle tante anomalie che emergono dall’indagine riguarda proprio lo stato dell’auto su cui viaggiava Giulia. “Secondo il nostro perito di parte, l’ingegnere Mario Scipione, gli pneumatici erano usurati, lisci, e di marche diverse. Eppure la macchina aveva superato la revisione venti giorni prima. Come può essere?”.
Antonella non cerca soldi, ma giustizia “vera”. “Non ho mai chiesto risarcimenti – sottolinea Antonella – Non voglio soldi sporchi di sangue. Voglio la verità penale. Voglio sapere chi è responsabile della morte di mia figlia. E voglio che quella persona ne risponda”.
“Oltre la luna”, l’associazione per Giulia
Nella disperazione, Antonella ha trovato la forza di trasformare il dolore in impegno: “Ho fondato l’associazione ‘Oltre la luna, Giulia Capraro’. Vogliamo fare educazione alla sicurezza stradale. Abbiamo riempito la sala di Palazzo Chigi per un premio giornalistico rivolto agli studenti delle medie. Perché Giulia sognava di diventare una reporter”.
“Il Papa non mi ha ascoltata. Ma non smetterò di gridare”
Vista l’indifferenza della giustizia, Antonella ha provato a bussare anche alla porta più alta: quella del Papa. “Sono andata a Castel Gandolfo, ho gridato al termine dell’Angelus: ‘Santo Padre mi aiuti, sono una madre orfana’. Ma la gendarmeria mi ha portato via lo striscione. Gli altri cartelli sono rimasti, il mio no. Eppure sopra c’era scritto solo: ‘Giulia Capraro chiede giustizia terrena’”. E anche questa è un’altra anomalia, che si somma alle precedenti.
Ha scritto anche una lettera, consegnata al cardinale Bagnasco e alla gendarmeria vaticana. “Se potessi parlare col Papa – conclude Antonella – gli chiederei di essere un ponte tra la giustizia divina e quella terrena. Perché io, da sola, non riesco a farmi ascoltare. Chi era alla guida, quella notte, non mi ha mai nemmeno chiesto scusa”.