Gli ospedali di Roma perdono il primato di migliori d’Italia, ma alcune eccellenze resistono: la classifica
Se cercate Roma nella classifica dei migliori ospedali d’Italia, preparatevi a un piccolo “giallo” sanitario: le strutture della Capitale – e più in generale del Lazio – non brillano nella fascia d’élite nazionale e, in alcuni elenchi, sembrano quasi introvabili. A dominare la scena sono regioni come Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, ma anche Toscana, Marche, Umbria e Campania. Un quadro che non certifica un tracollo, ma evidenzia un margine di miglioramento che pesa.
Il report che fa discutere: cos’è il Piano Nazionale Esiti
A scattare la fotografia è il Piano Nazionale Esiti 2025 di Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali). Durante la presentazione, il messaggio ripetuto è stato chiaro: “non è una classifica”. Eppure, quando i numeri diventano comparabili, l’effetto classifica è inevitabile. L’analisi passa al setaccio 1.117 strutture di ricovero per patologie acute, valutandole con 218 indicatori: una griglia ampia che incrocia esiti, processi, volumi e appropriatezza.
I numeri dietro il verdetto: 218 indicatori, un solo responso
Nel dettaglio, gli indicatori includono 189 parametri sull’assistenza ospedaliera (tra esito/processo, volumi e ospedalizzazione) e 29 sull’assistenza territoriale, misurata indirettamente attraverso criteri come l’ospedalizzazione evitabile, gli esiti a lungo termine e gli accessi impropri al pronto soccorso. È un’architettura che punta a leggere la performance complessiva del sistema, non solo il singolo reparto “di grido”. Ed è qui che Roma e il Lazio pagano dazio.
La “top fascia” senza Lazio: il dato che fa rumore
A livello nazionale, Agenas individua 15 strutture con un livello molto alto su almeno 6 aree su 8. Nomi come l’ospedale Bolognini di Seriate, il civile di Montebelluna (Treviso) e l’ospedale di Bentivoglio (Bologna) compaiono nella rosa ristretta. Ma, scorrendo l’elenco, c’è l’assenza che fa notizia: nessun ospedale di Roma, nessuna struttura del Lazio tra quei quindici “campioni” trasversali.
Dove Roma ricompare: le eccellenze per singolo ambito clinico
Se però si entra nel dettaglio per ambiti clinici, la narrazione cambia: cardiocircolatorio, sistema nervoso, respiratorio, chirurgia generale, chirurgia oncologica, gravidanza e parto, osteomuscolare, nefrologia. Nel cardiocircolatorio spuntano due nomi romani: San Camillo Forlanini e Sant’Andrea. Nel sistema nervoso entrano in classifica San Filippo Neri e Gemelli, insieme anche a realtà fuori Roma come lo Spaziani di Frosinone e il polo ospedaliero di Viterbo.
Oncologia, parto e ortopedia: la mappa dei “punti forti” (e dei vuoti)
L’area con più presenze romane è la chirurgia oncologica: tra i migliori vengono indicati Gemelli, Policlinico Umberto I, Sant’Eugenio, Isola Tiberina–Gemelli Isola e il presidio ospedaliero Nord di Latina. Su gravidanza e parto, invece, il segnale è più netto: un solo romano, il Gemelli. Nell’ambito osteomuscolare la lista si allarga: Santo Spirito, CTO Alesini, Madre Giuseppina Vannini, San Giovanni Addolorata, Casilino, Gemelli, Campus Bio-Medico, Tor Vergata, Sandro Pertini, oltre a diverse strutture del Lazio come Pomezia, Latina, Aprilia e Velletri.
I segnali di ripresa: chi cresce rispetto all’anno scorso
Non tutto, però, resta fermo. Tra le strutture di Roma e del Lazio che, in generale, registrano performance migliori rispetto allo scorso anno vengono citate San Camillo e Sant’Andrea, ma anche il San Giovanni Evangelista di Tivoli, il polo ospedaliero di Viterbo e l’Istituto chirurgico-ortopedico-traumatologico di Latina. Tradotto: la Capitale non è “fuori gioco”, ma deve colmare il divario nella solidità complessiva. E il Piano Agenas, classifica o non classifica, lo sta dicendo a voce alta.