Gli ululati ignoranti del Pd contro il sindaco di Rieti Cicchetti: Ha osato dire “Boia chi molla!”

antonio cicchetti rieti (2)

Attacchi straordinari, evidentemente coordinati e concordati, contro l’apprezzato sindaco di Rieti Antonio Cicchetti, resosi responsabile di un reato imperdonabile. Essere di destra innnanzitutto, battere la sinistra più volte, e poi, aver pronunciato delle parole impronunciabili: “Boia chi molla!”. La sinistra si è scatenata: da Verini al solito Fiano, Boccia, l’assessore D’Amato che tira in ballo persino la costituzione, Morassut e ovviamente la Cirinnà. Tutti a condannare chissà quale scandalo e quale colpa di Cicchetti. Una cosa è evidente: non sanno di cosa parlano. Ma siamo già in campagna elettorale e bisogna saltare addosso all’avversario, colpirlo, sbranarlo. Soprattutto se ha dimostrato di avere più consensi dei nostalgici del Pd.

Lezione di storia al Pd: “Boia chi molla!” è del 1799

Facciamo allora, per l’ennesima volta, lezione di storia ai faziosi – e ignoranti – del Pd. “Boia chi molla!” non è, ripetiamo non è, un motto fascista né tantomeno nazista. Certo è che veniva da lontano e che in tre parole soltanto condensa una volontà spirituale di combattere le ingiustizie, di non arrendersi, di “resistere”, per dirla con un verbo caro al Pd. Solo che la resistenza la fecero gli americani, e non loro. Comunque, figuratevi un po’, nacque addirittura nel 1799. Fu utilizzato sulle barricate giacobine di Roma e Napoli, che volevano esprimere il vontarismo giovanile di quegli anni. Ma per il Pd, la cui storia conosciuta inizia nel 1917 con l’inizio della feroce dittatura comunista su mezza Europa, “Boia chi molla!” è di orgine fascista. Fu invece anche urlato nel 1848 nel corso delle rivolte antiaustriache delle Cinque Giornate di Milano.

“Boia chi molla!” risuonò anche Caporetto

E poi nel 1917 fu urlata da un certo sergente Sivieri durante la rotta di Caporetto per esortare i suoi camerati (si può dire camerati?) a resistere all’invasore. Poi fu resa popolare da Gabriele D’Annunzio nell’avventura fiumana e diffuso in seguito tra gli Alpini durante la Seconda Guerra Mondiale. Chi la portò nella modernità però fu un certo Roberto Mieville, rinchiuso nel 1944 nel campo di concentramento americano di Hereford. Mieville fu poi parlamentare della Repubblica per il Msi e trasmise questo motto ai giovani nazionali. Il motto per intero, giova ricordarlo, era “contro il sistema la gioventù si scaglia, boia chi molla è il grido di battaglia!”. Motto efficacissimo che suscitava sentimenti patriottici e identitari, e non si vede perché debba essere proibito o demonizzato.

I “boia chi molla!” di Reggio Calabria

“Boia chi molla!” ebba poi notorietà a livello nazionale durante i mesi della rivolta di Reggio Calabria nel 1970, i cui animatori erano chiamati proprio i “boia chi molla”. Vogliamo cancellare anche questo dalla storia italiana? Un ultimo sussulto di celebrità la frase la ebbe nel 1999, quando la utilizzò l’insospettabile e mite Gigi Buffon, circostanza prontamente censurata da Repubblica. Buffon, allora portiere del Parma, disse che con quella frase aveva voluto solo incoraggiare i suoi compagni (di squadra). Poi ci fu una coda con Alessandra Mussolini che comparve in parlamento con una maglietta con su scritto “Boia chi molla Buffon!” Ma non si può condannare una frase perché piace: meglio “Boia chi molla!” del motti cari alla sinistra “pagherete caro pagherete tutto” o “uccidere un fascista non è reato”.

Ecco chi difende Cicchetti

Ma c’è anche chi lo difende Cicchetti. Francesco Storace ha twittato: “Ci sono le elezioni anche a Rieti e la sinistra ricomincia co l’antifascismo. Ma pure Cicchetti ha fatto cose buone”. Annalisa Terranova, del Secolo d’Italia, ha scitto: “Boia chi tocca Antonio Cicchetti, il sindaco di Rieti “.

“‘Boia chi molla!’ non è uno slogan fascista, esattamente come non è fascista l’Inno a Roma di Giacomo Puccini, nonostante qualche tempo fa un giornalone arrivò persino a immaginare che fu Mussolini in persona a lasciarlo in consegna a Giorgio Almirante non senza prima raccomandargli di farne il canto ufficiale del Movimento sociale italiano. Allo scoop del giornalone il Duce oppose però un alibi di ferro: era già morto quando nacque il Msi”. Lo ha dichiarato Mario Landolfi, già ministro delle Comunicazioni. “Ora è invece il turno del sindaco di Rieti, Antonio Cicchetti, reo di aver chiuso un comizio al grido di ‘Boia chi molla!’ – ha concluso Landolfi -. Purtroppo per i suoi detrattori, anche lo slogan incriminato preesiste al fascismo. A ulteriore conferma che di insopportabile in Italia c’è solo la crassa ignoranza di una sinistra isterica che vuol continuare a campare di rendita sul sempiterno ‘fascismo in agguato’. Ci chiediamo solo fino a quando…”.