Capiamo che Gualtieri sia in piena campagna elettorale nel tentativo di inseguire Michetti, ma non per questo è autorizzato a dimenticare fatti importanti. ‘’Il vile assalto fascista di ieri pomeriggio alla sede nazionale della Cgil è gravissimo e senza precedenti. E molto importante che tutte le forze sociali siano unite in una condanna per quello che è accaduto. Si tratta di un attacco a tutti i lavoratori e i cittadini….” e via di questo passo. Però non ricordiamo la solidarietà né di Gualtieri né dei suoi compagni di partito né della triplice sindacale in occasione di peggiori e violenti attacchi contro il sindacato nazionale Cisnal. Attacchi contro le persone e contro le sedi, contro i banchetti e contro le manifestazioni, che però nessuno mai ha condannato come si condanna il grave fatto di ieri.
Nessuna solidarietà per il “fascista” Bruno Labate della Cisnal
Il più grave fu quello del sindacalista della Cisnal Bruno Labate da parte delle Brigate Rosse, che proprio fascisti non erano. Il mattino del 12 febbraio 1973 leBrigate Rosse a Torino, in via Baiamonte, sequestravano il segretario provinciale della Cisnal, dipendente di Fiat Mirafiori, Bruno Labate. Il sindacalista addirittura caricato su un furgone e portato sui colli torinesi. Lì per cinque ore lo “interrogarono” i comunisti, che in quegli anni si ersero a nuovi inquisitori, riesumando i tristemente noti “tribunali del popolo” e i loro giudizi sommari. Parte dell’interrogatorio fu condotto in una stanza semibuia e parte nello stesso furgone. Secondo le cronache, la registrazione dell’interrogatorio fu trasmessa dagli altoparlanti della Fiat e il testo fu affisso nelle bacheche sindacali di Mirafiori, prova evidente delle complicità con le Br a tutti i i livelli.
Contro la Cisnal si riesumarono i tristi tribunali del popolo
Alle 15:25, rapato a zero e seminudo, rilasciato in catene e legato a un palo poco distante dal cancello n.1 di Mirafiori. Sul cartello appeso al collo, si accenna per la prima volta all’urgenza di “organizzare la resistenza proletaria sul terreno della lotta armata”. E in quel momento che le istituzioni sarebbero dovute stare a sentire il Movimento Sociale Italiano e la Cisnal, che già da un paio d’anni mettevano in guardia su quanto stesse accadendo nelle fabbriche e nelle università. Un movimento terrorista feroce si stava formando, e se la magistratura e la politica anziché andare dietro al “pericolo fascista” avesse ascoltato, l’Italia si sarebbe risparmiata venti anni di sangue, di stragi, di attentati, di ferimenti, di violenze inaudite.
Assalti alle sedi del sindacato nazionale
In un’altra occasione i terroristi comunisti effettuarono il loro primo sequestro, simile a quello di Labate. Per 40 minuti sequestrarono Idalgo Macchiarini, dirigente della Sit-Siemens, sottoposto a un grottesco e ridicolo «processo proletario». Macchiarini poi fotografato con un cartello sul quale compaiono gli slogan “Mordi e fuggi”, “Niente resterà impunito”, “Colpiscine uno per educarne cento”, di maoista memoria, e “Tutto il potere al popolo armato”. Ma era la Cisnal e la sua diffusione tra gli operai che dava particolarmente fastidio alle Brigate Rosse. Pochi giorni prima del sequestro Labate, l’11 gennaio 1973, fu assaltata la sede provinciale della Cisnal di Torino, devastandola e malmenando i presenti, definendo il crimine come “attività di antifascismo”.
La Triplice non ha mai manifestato solidarietà con la Cisnal
Per la persecuzione contro la Cisnal, insomma, che andò avanti per anni, non abbiamo sentito le veementi condanne dei vari Gualtieri e dei suoi sodali. Insomma, basta con i due pesi e le due misure tipiche della sinistra italiana. Condanna per qualsiasi aggressione, certo, ma avremmo anche voluto sentire altrettante condanne per le aggressioni e gli assassinii anche nei confronti di esponenti non di sinistra. Altrimenti è solo un’ipocrisia fatta a scopi bassamente elettorali.